Archive: Settembre 2005
Sabato 3 settembre 2005: Hallo
Le mie coinquiline qui a Frankfurt si chiamano Steffi e Lisa.Ieri sera Steffi e Lisa sono uscite per andare in un *club* con un amico di non meglio identificata nazionalità, che mi pare si chiami Alex e che non parla una parola di tedesco ma ha un ottimo inglese. Questo Alex dall'ottimo inglese ora si trova sdraiato per terra nella mia cucina e dorme beatamente.Quando ho tentato di raggiungere la credenza ha percepito una presenza estranea e ha salutato con un grugnito, sempre in buon inglese.E ovviamente non sono riuscita a raggiungere la credenza, per cui mi appresto ad uscire, arrivare al bar e supplicare affinché mi facciano un caffè decente.Alla modica cifra di un paio d'euro.Amo i teteschi.Ieri sono riuscita a comprare un pacchetto da 30 di sigarette infumabili. Non so nel resto della cermania, ma qua al supermercato di fianco a casa mia tengono le sigarette in gabbia, sotto chiave, tutti i pacchetti buttati uno sopra l'altro. Per ottenerle chiedi la chiave al cassiere, lui ti apre la gabbia, tu prendi le sigarette e gliele paghi. Questa cosa ha del surreale.Io li amo ancora di più.
Lunedì 5 settembre 2005: Campus Westend
Oggi ci hanno portato a fare una Führung (un tour) per l'università.Cosa utilissima.Posso trarre le seguenti conclusioni da questa meravigliosa esperienza:-in ogni edificio dell'università c'è almeno una caffetteria;-il caffè fa schifo ugualmente in tutti i posti;-in ogni edificio o quasi c'è pure una mensa, a volte anche due;-la guida aveva una concezione del tempo personale ed una altrettanto personale percezione dell'importanza delle informazioni da fornirci, cosicché abbiamo perso secoli sulle cazzate, per poi correre e recuperare tempo sulle cose interessanti;-il caffè fa schifo ugualmente in tutti i posti.Il dipartimento di storia, filosofia eccetera è una specie di vecchio casermone dall'aspetto chiaramente fascista. E' fatto leggermente ad arco, di modo che, quando sei dentro e cammini per quei lunghi corridoi bianchi e asettici in un clima da clinica-lager psichiatrica, tu non riesca nemmeno a vederne la fine.Ci sono ascensori che farebbero venir voglia di prendere le scale anche fino al 20esimo piano, pur di non entrarci. Sono aperti e continuano a salire senza fermarsi. Quando passano dal tuo piano devi saltarci dentro prima che sia troppo tardi. Stessa cosa quando scendi.A tutti è piaciuto un casino (l'edificio, non l'ascensore).A me per niente, ma quantomeno il senso di angoscia è mitigato dall'enorme parco che circonda il dipartimento, e che in questo periodo è decisamente sfruttabile per acculturate letture all'aria aperta, all'ombra di qualche albero.E da domani iniziamo il corso di tedesco, per fortuna non in caserma
Mercoledì 14 settembre 2005: Hangover
Qua andiamo sempre più verso il grottesco.Le lezioni di tedesco sembrano un po' delle giornate d'asilo per bambini autistici.Ieri la professoressa leggeva la descrizione di un quadro mentre noi disegnavamo ciò che riuscivamo a capire.Che dire, se non si impara il tedesco così..Per fortuna parlare con tutti gli altri, tedeschi e non, aiuta parecchio.Se poi si aggiungono un paio di birre e altrettanti bicchieri di vino, io vi assicuro che ci si ritrova a parlare un tedesco inimmaginabile.Mi sono ritrovata in una discussione con un americano, in cui tentavo senza successo di spiegargli che "chairs" sono le scale. Ha vinto lui. Ma partiva avantaggiato.Una polacca mi ha detto che parlo benissimo tedesco.Un'indiana enorme si è innamorata di me.Una slovacca che non m'ha mai cagato per 10 giorni a lezione, ieri sera è venuta a cercarmi per avere una foto insieme a me.Mi insegnano scioglilingua in ceco.A lezione ci hanno fatto simulare un dibattito politico in cui io facevo la parte di Schroeder.Un tizio in ascensore mi ha appena chiesto se il suo brufolo sulla fronte mi facesse ridere.I casi sono due: o sono ancora ubriaca da ieri sera, o comincio a capire cosa abbia di tanto subnormale questa esperienza erasmus.
Martedì 20 settembre 2005: Subtitles
E' stato un mix portentoso, quello fra birra e apfelwein, tanto che mi ritrovo a casa alle 12.30 di un martedì mattina in cui avrei avuto lezione.Non che la cosa mi dispiaccia.Sono uscita alle 19 per andare a fare la spesa, e sono finita a cena con una francese, una polacca, un americano. Ho giocato a un gioco di carte polacco senza capire un cazzo, e ho vinto.Ho ascoltato musica che non ascoltavo da anni, ed avrei voglia di ascoltarla ancora, adesso.Ieri in un momento di rincoglionimento ho buttato nel cestino un pacchetto di sigarette pieno, appena aperto. Ho passato due ore a cercarlo, per poi rendermi conto.No, non avevo ancora bevuto.Mi sembra di vivere in almeno 3 o 4 personaggi diversi. E' buffo.Questa città assume colori diversi ogni giorno. Mi dicono "è fredda", "è anonima". Dannazione, viveteci 20 giorni, usatela, camminateci e osservate. Tutto è nuovo. Tutto è di vetro, trasparente, asettico. Qua ci sono poche case di mattoni, quelle case dai tetti rossi a cui sono abituata, quelle che si affacciano su strade e vicoli antichi. Quelle case che, come dicevo, parlano di chi le ha costruite, di chi le ha abitate. Quelle case qui sono poche. Ma puoi specchiarti nella freddezza di un grattacielo, e pensare che si, forse sarà anonimo, forse non parlerà di nessuno, forse non avrà quelle tegole rosse sul tetto.. ma parla anch'esso, di una società che è nostra e che ogni giorno lo sembra sempre meno. Perle ai porci.Quando in germania sale il controllore sulla metropolitana, la scena è quella di una rapina. Il ritratto del controllore medio tedesco è quello di un uomo dai 30 ai 50 anni, con faccia poco raccomandabile, baffi, vestiti sporchi e trasandati per non dare nell'occhio. Lo scambieresti per un borseggiatore, ti aspetteresti quasi che con quel suo movimento repentino tirasse fuori una pistola e iniziasse a urlare in preda al panico come succede in qualche stupido film americano. Ti aspetteresti che la gente reagisse male, e iniziasse a urlare a sua volta. Invece questi tedeschi che sempre ti sorprendono, tirano fuori con tranquillità il loro biglietto, insieme, contemporaneamente, come si muovono le teste degli spettatori di una partita di tennis.Damn.A parte queste rarità, la vita è ovunque la stessa, me ne rendo conto.In 20 giorni in germania mi chiedo cosa ci sia di diverso dall'abitare in italia.Tutte le città europee sono uguali. La vita è uguale. Le persone, dite le banalità che vi pare, sono uguali.Maledetta globalizzazione.E benedetta, altrettanto.
Mercoledì 21 settembre 2005: Paternoster Aufzug
Parlando con Eugenio ho scoperto il nome del famoso ascensore del Campus Westend. Si chiama Paternoster, e il nome è decisamente esplicativo.La cosa più bella in tutto ciò, è che ho finalmente capito il significato di alcuni punti del bellissimo racconto di Heinrich Boll "La raccolta di silenzi del dottor Murke" (è un chiaro, esplicito, invito a leggerlo) di cui incollo l'inizio:
"Ogni mattina, varcata la soglia degli studi della radio, Murke si sottoponeva ad un esercizio di ginnastica esistenziale: saliva nell'ascensore Paternoster, ma non usciva al secondo piano, dove era il suo ufficio; si lasciava invece portare più in alto, oltre il terzo, il quarto, il quinto piano. Lo prendeva la paura ogni volta che la piattaforma della cabina si sollevava oltre il corridoio del quinto piano, quando la cabina si elevava cigolando nel vuoto dove cavi oliati e stanghe sporche di grasso, asmatico macchinario di ferro, spingeva la cabina dall'alto al basso: Murke fissava pieno di paura quell'unico luogo dell'edificio della radio che non fosse liscio e intonacato e respirava di sollievo quando la cabina, con uno scossone si drizzava, superava quel vuoto, si metteva di nuovo in linea e lentamente si abbassava verso il quinto, il quarto, il terzo piano."
E ora posso dire di avere capito in cosa consistesse la ginnastica esistenziale. Ah, l'ignoranza, che brutta cosa.Ieri sera ad una festa mi hanno fatto il miglior complimento da quando sono qui: "sei italiana? ma davvero? non hai accento italiano quando parli tedesco.. ti avrei tranquillamente scambiata per una polacca o simili.."Se ne parlava sul forum, di accento italiano e di pessima pronuncia.Direi che uno dei miei obiettivi primari l'ho raggiunto.Ora piuttosto dovrei allargare il mio vocabolario.
Sabato 24 settembre 2005: When I was just a little girl..
Una volta, da bambina, lessi un opuscolo sulla trasmissione delle malattie (non ricordo nello specifico). Ricordo un disegnino di due bambini che si scambiavano la felpa. Sotto stava una spiegazione, che suonava pressappoco come: "i batteri si trasmettono anche attraverso gli abiti". Ne rimasi sconvolta. Qualche tempo dopo ero in montagna con un'amica, faceva freddo, non avevo una giacca adatta e sua madre volle gentilmente offrirmene una. Mi prese il panico dei batteri. Sarebbero passati tutti a me, attraverso la giacca. La rifiutai. Uscii senza, e mi ritrovai con la febbre per una settimana.
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Da bambina avevo una concezione strana delle case di amici e parenti. Slegata dal mondo. Si andava a casa del nonno Secondo, ma non esisteva tragitto. Esisteva la casa del nonno, indipendentemente dal palazzo, dalla via, dalla città.
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Quando si andava per Natale a casa di mia zia, lei preparava pranzi elaborati, li serviva in piccole porzioni curate esteticamente in maniera impeccabile. Ma a me la mousse di granchio faceva schifo lo stesso. E il pane che faceva lei sembrava quello che compri al supermercato. Aveva fatto un corso, per riuscire a farlo così. Io non credevo che fosse possibile, fare in casa del pane che fosse identico a quello del supermercato. E mi pareva un'enorme perdita di tempo. E di gusto.
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Una volta esisteva un misto di verdure surgelate con piselli, carote, patate e non ricordo che altro. Esisterà di sicuro anche ora, ma non ne ho la certezza. Mi piaceva un sacco e mia nonna lo cucinava sempre. Una volta l'ho mangiato, avevo l'influenza e mal di stomaco, e ho vomitato. Mi sono convinta che fosse colpa delle carote. Erano delle carote piccole e sottili, e non potevano esistere in natura. Avevano certamente qualcosa di malefico. Non sono mai più riuscita a mangiare carote cotte.
Venerdì 30 settembre 2005: Sehnsucht
A volte mi sorprendo.Della capacità che ho, di fare esattamente il contrario di ciò che riconosco come la mia abituale condotta.Questa città è alienante. Le sue strade, i suoi palazzi, le gru sparse per tutto il territorio, gli aerei sempre in cielo, a qualsiasi ora..Non sto male qui, dicevo. Ma non ci sto nemmeno terribilmente bene. E non mi piace.Sono contenta di rivedere la mia città rossa, avvolta in quel suo grigiore preautunnale, contenta di camminare sotto quei portici e gettare un'occhiata al di là delle vetrine, dentro i bar, contenta di poter prendere un caffè di fretta, da sola, o di sedermi ore a bere lo stesso caffè, con qualcuno.Mi chiedo se cambierà qualcosa, da queste parti.I rapporti umani qua devo ancora capirli.Devo capire ancora un bel po' di persone, perché come al solito conosco tutti, ma in maniera superficiale. Ho tante palline da attaccare all'albero, ma gli manca il tronco, e parecchi rami. E questo fa in modo che io mi rapporti a loro con diffidente superficialità. Per non dire con mascherato adattamento ad una situazione che di mio non ha nulla.L'unica cosa insolita di questa settimana, è stata vedere un americano lanciare gli spaghetti contro il muro per testarne la cottura. "It works" mi ha detto. Se si attaccano sono cotti.Ditemi, sono queste le tanto attese emozioni? Perché nel caso disdico il ritorno da Bologna.
Venerdì 30 settembre 2005: Takk
Nota positiva in una giornata negativa: l'ultimo cd dei Sigur Ros "Takk" è veramente BELLO.
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