L.S.D.
(dove si ragiona di mancati rapporti umani, di stimoli esterni, di apatia e di gamberi)
(e dove avrei voluto postare questa canzone)
Ho avuto una chiacchierata col bibliotecario, ieri.
Quando studiavo Dante per il mio primo esame all'università, mi alzavo spesso alle 8 e andavo in biblioteca all'apertura.
Mi fermavo al bar e mi sedevo a bere un caffè troppo corto, ma non ne avevo coscienza, e mi sembrava che durasse un'eternità.
Mi sedevo nella stanza dei bambini, che aveva anche un paio di tavoli per adulti.
Non c'era mai nessuno, a quell'ora, tranne il bibliotecario dal naso rosso come un clown, che saltuariamente si sedeva e mi raccontava la propria passione per Dante, e ci ho pensato ieri, mentre parlava di "Arcipelago Gulag", e di come glielo avessero già chiesto in tanti, in troppi, dopo la breve parentesi di pubblicità nei telegiornali.
Ah, la televisione.
Ci ho pensato e mi era venuta voglia di chiedergli di Dante, e di dirgli che avevo fatto schifo, a quell'esame, tranne proprio sulla parte dantesca, nella quale invero fui soltanto molto fortunata.
Non ho detto nulla perché ero sicura che non fosse rimasta traccia di quelle chiacchierate, se non nella mia testa.
Non scrivo tanto, sono stanca e mi manca attingere ai cervelli degli altri.
I primi giorni (per non dire settimane) in libreria lo sforzo più grande fu quello di reimparare a comunicare con persone con le quali non avrei mai comunicato in altre circostanze, specialmente per così tante ore al giorno, per tutti i giorni.
Ho camminato per anni all'indietro.
C'era bisogno di abitudine, e invece io ho fatto il gambero, e poi mi sono fermata perché tanto ormai ero lontana e al sicuro, e sono rimasta immobile per troppo tempo.
Ho perso l'abitudine, ho tutto sotto controllo solo se non ci sono interferenze esterne.
Che è come dire che non ho il controllo su niente.
Mi mancano gli stimoli esterni e le paranoie altrui, mi mancano gli scambi di conoscenze, i prestiti di idee, mi mancano i luoghi diversi, le chiacchierate su cose che non conosco e su cose che conosco, ma quando mi ci ritrovo sono a disagio, e mi sembra troppo, e rimango in tensione per ore, o per tutto il giorno.
C'era bisogno di abitudine, e invece io ho fatto il gambero.
Qui dentro ci sono sempre le stesse cose e sono stanca.
Lì fuori, però, è tutto troppo, troppo faticoso, troppo destabilizzante, troppo schifoso, troppo deprimente.
Anche questo discorso è deprimente.
Che fatica.
Qualcuno ha un fantoccio che sorride da prestarmi?
2 Comments:
La solitudine da biblioteca è un tipo particolare di solitudine, un mondo in cui sei regina dei tuoi pensieri e critica dei pensieri altrui. Non sono convinta che faccia così bene alla fine scrivere un libro in un vacuum di interferenze esterne, come non fa bene leggere in un'orchestra sinfonica di rumori di altri. Quello che mi manca di più sono le discussioni nei seminari, le domande stupide alle quali rispondere con intelligenza, il dare spiegazioni, il ricevere appunti e indicazioni su cos'altro leggere, vedere, ricercare. Forse però entrambe le fatiche sono necessarie - lo sforzo di sè, e lo sforzo degli altri. Tu e io siamo molto diverse - lo siamo sempre state - io con no man is an island, tu col gambero, però se vuoi fare due chiaccere cine-letterarie o introdurmi al mondo di Bergman, io questo weekend sono a Bologna.
Ti vedo volentieri, magari ci sentiamo nel week end via sms :)
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