Guten Tag, ich will mein Leben zurück
(in cui si ragiona di anormalità)
Perché mi sa che inconsciamente si è formato nella mia testa un concetto di normalità che fa a botte con tutto quello che io sono.
Tutto è normale, ciò che io non sono.
E specialmente non riesco ad essere.
Ma che vorrei essere.
Evidentemente non a tal punto da scalciare, sbraitare, urlare, arrabbiarmi come fanno un po' tutti quelli che mi dicono che "se non ci provi neanche..", che "volere è potere", e beati voi che siete così tutti d'un pezzo, perché io ho una serie di pezzetti rotti dentro, e non mi riesce nemmeno di capire se valga la pena di incollarli un po'.
Chi li abbia rotti non lo so.
Non so nemmeno quando, anche se credo sia stato un processo lento.
O magari si sono rotti tutti subito invece, ma sono stata chiusa in un guscio per così tanto tempo, che accorgermene è stato possibile solo ora.
O poco fa, o qualche anno, non c'è differenza.
Però so che erano molto meno rotti, una volta, o almeno che la sensazione era quella, e che rispecchi o no la realtà a volte mi sembra poco importante, perché la sensazione era bella ed io molto più serena e disposta a farmi conoscere.
Anche più disposta a fare del male, forse, e il mio terrore è che la chiave sia quella, imparare a scalciare non contro il muro, ma contro gli altri.
Se non altro quando ti fanno male, ma è una consolazione che non consola.
Probabilmente quello che sembra da fuori è che io sia terribilmente egoista.
Magari anche un po' malata e bisognosa d'aiuto, ma quando l'aiuto viene rispedito gentilmente indietro non c'è neanche bisogno di capire il perché, divento solo terribilmente egoista.
Quando poi imparo quali sono le reazioni standard, inizio ad averne paura.
Quando inizio ad averne paura io chiudo la porta, e non entra più nessuno.
Basterebbe una volta, per farmi credere che un paio di parole siano la reazione standard che tanto mi fa male, e per farmi chiudere la porta.
E ne ho chiuse tantissime, una per ognuno di quei pezzettini che si sono rotti, in modo che lì dentro non ci entrasse più nessuno, e non potesse calpestare oltre.
Mi bastava rinchiudere tutta me stessa in uno sgabuzzino, ed andare in giro con quel fantoccio vuoto, che si diverte sempre e ha quel bel sorriso stampato in faccia, che è amico di tutti e non si fa mai male.
Quella era la Giulia tanto divertente a cui non potevi non voler bene, perché non si arrabbiava mai, perché aveva imparato ad essere ironica, e pareva ironica anche sulle cose che le facevano male, e in realtà lo era solo perché man mano le nascondeva, e si sforzava di tirare fuori quel bel sorriso che alla fine era davvero un'abitudine naturale.
Non so perché non funzioni più, così.
Probabilmente ormai, a forza di nascondere ogni singolo pezzetto sensibile, fuori non m'è rimasto nemmeno il fantoccio, e sono solo egoista e menefreghista.
Il menefreghista poi è quanto di più ironicamente buffo ci sia.
Ogni volta che me lo dico, che me ne frego di tutto e tutti, mi viene da ridere/piangere da sola.
Chissà come sono i menefreghisti veri, a questo punto.
Ma soprattutto chissà come sono quelli a cui invece importa, e importa di tutto.
Chissà quanto diavolo stanno male.
Credo sia solo questione di non vergognarsi a mostrarlo.
Io me ne vergogno.
Perché mi fa paura, e perché non ricordo una sola volta in cui non mi sia sentita sbagliata a mostrarlo.
E allora sta tutto lì dentro, insieme al fantoccio.
Che quando ci penso mi sembra un po' il fantoccio del mago di Oz, quello che non aveva il cervello.
Alla fine glielo regalavano, beato lui.
Io invece vedo di tirare fuori dalla polvere il mio povero fantoccio senza cervello, e di attaccargli pian piano tutti quei pezzettini, e poi farlo vedere un po' in giro, perché ogni tanto ha ancora un bel sorriso, solo che ci vuole qualcuno che non lo faccia sentire così tanto senza cervello.
Umpf.
Questa storia del fantoccio del mago di Oz mi ha messo un po' il buonumore.
8 Comments:
volevo risponderti qui al post che hai scritto sul forum riguardo l'asocialità..
io credo un pò di esserlo.. perchè non mi frega niente di non uscire per un mese, sto bene a casa ad addormentarmi alle 9 sul divano, poi svegliarmi alle 11 e portare giù il cane..
però avevo un'amica che ogni volta che non avevo voglia di uscire si offendeva.. poi si offendeva anche per un sacco di altre cose
a forza di offendersi un bel giorno le ho detto tutto quello per cui mi sarei dovuta offendere io, così adesso non siamo più amiche
ma di sicuro avrà ragione lei
però io sto meglio così
preferisco la gente che non si offende
perchè il punto è che io cerco bene o male di capire le ragioni degli altri
non mi incazzo se qualcuno non si fa sentire o non lo vedo per un pò, ognuno ha la sua vita e i suoi impegni, dopotutto, quindi vorrei che fosse così anche nei miei confronti
già.. è solo che faccio fatica a trovarne..
io non sarei asociale, è solo che per evitare situazioni di attrito del genere tendo a chiudermi un po'..
Dio quanto concordo con queste parole... e se non ricordo male Giulia è stato proprio l'oggetto di una nostra chiacchierata notturna in MSN...
Anch'io ho litigato e perso un carissimo amico ed uno dei motivi era proprio il fatto che non lo chiamavo mai... cosa che non faceva neanche lui ovviamente, ma a differenza di me per lui era un segnale EVIDENTE del mio disinteresse. Poco importava tutto il resto, le volte che sono partito di casa a notte fonda per andare ad aiutarlo, i 3 anni in cui ho passato con lui ogni singola serata perché stava attraversando un periodaccio...
E scusate l'immodestia, ma secondo me non hanno ragione loro.
Una telefonata di circostanza, fatta per la pura formalità di farla, non è indice di un bel niente. Lo stesso vale per una semplice serata così, passata a chiacchierare davanti ad una birra.
Possiamo pesare le parole, o la loro assenza, o le formalità sociali... ma i fatti, i gesti che servono nel vero momento del bisogno, sulla mia bilancia peseranno sempre mooolto di più.
Perciò scusatemi se per una semplice serata al pub molto spesso sono assente, e chiamatemi asociale come da convenzione. Ma non è quello che conta se quando c'è da asciugare una lacrima sono sempre presente.
Ehm.. scusate, mi sono lasciato prendere la mano e mi sono sfogato un po' :P
Si, mi ricordo benissimo quando ne parlammo ;D
Razionalmente ti do tutte le ragioni Fab, ma poi io faccio così e ci rimango sempre male anche se non sono in torto.. :'P
Che poi "non sono in torto" è una frase impegnativa per me che sono abituata a dare troppa ragione a tutti tranne che alla sottoscritta.. :)
Mi sento un po triste.
Scusami se io c'entro con il soggetto di questo post.
Mi spiace.
Andrea
gh, ma figurati.. proprio non pensavo a te :*
Mi ritrovo parzialmente nelle tue parole. Anch'io spesso mi sento sbagliato ed anch'io penso che non sempre "Volere è potere", ci sono cose che non cambiano. Però penso anche che "Volere è provarci". Quello che ti distrugge è il giudizio degli altri e il troppo cervello. Il primo è quello che ti fa sentire sempre sbagliata, il secondo ciò che ti ci fa pensare sempre. Spogliati di queste 2 cose, cerca di sconnettere il cervello e di fare ciò che veramente senti, abbi l'immodestia di pensare che non sei tu ad essere sbagliata, o per lo meno che non lo sono le cose che vorresti. Non dico che sia facile, io stesso spesso non ci riesco, ma un giorno guardandoti indietro devi poterti dire che quantomeno ci hai provato.
by un lettore poco scrittore di Caffè Erasmus :D
Cazzo 6 marzo 2007... il giorno dopo fu quello più bello della mia vita. Che storia...
Post a Comment
<< Home