Thursday, July 27, 2006

Archive: Maggio 2006

Giovedì 4 maggio 2006: Svenska Filminstitut
Qualche anno fa, studiando un esame di storia del cinema, passavo i pomeriggi a vedere i vari film in programma.Quel pomeriggio c'era "Il posto delle fragole" di Bergman.Non conoscevo Bergman.Fu amore a prima vista.Tanto che tuttora, quello, è il film che preferisco, anche ovviamente per motivi affettivi.L'anno dopo andai in Svezia, a Stoccolma.Fu amore a prima vista anche con quella città, i suoi ponti, il mare, il suo silenzio e i suoi splendidi occhi azzurri.Trovammo un appartamentino con le sedie rosse, vicino Karlaplan, e con un'enorme finestra che dava sulla strada.La via che costeggiava il palazzo era grande, e c'era un bar con una deliziosa ragazza svedese, sorridente e bionda, che faceva un caffè buono, e vendeva delle pastine alla crema e marmellata che ancora mi sogno la notte.Quando entravo sorrideva, diceva "Hej", e tentava di capire il mio inglese tentennante.Fu amore a prima vista anche con lei.Un pomeriggio, forse al ritorno da un giro per la città, ci trovammo a passeggiare verso la fine del grande viale che costeggiava la nostra casa, non ricordo se a tempo perso o cercando qualcosa in particolare.Ricordo che dissi "inutile che continuiamo da questa parte, pare di finire in campagna e non c'è un cazzo.".E Stoccolma volle smentirmi e stupirmi, in un modo che difficilmente dimenticherò, perché mi fece trovare davanti lo Svenska Filminstitutet, quello Svenska Filminstitutet di cui leggevo da mesi nei titoli dei film di Bergman, e che ricordavo come tanti nomi di attori un poco strani.Volle stupirmi e farmi felice, e lo fece così, all'improvviso, silenziosa, con un edificio di per se' brutto e anonimo, che mi lasciò per un attimo senza parole.Quella sera ci vidi anche un film. Davano "Psycho" di Hitchcock, in lingua originale.Per vedere i film bisognava fare una tessera che costava non ricordo quante corone, e ricordo che dissi alla tizia dei biglietti che ok, non c'era problema, avrei anche pagato per la tessera.In realtà, io la volevo la tessera dello Svenska Filminstitutet, per una sorta di mania feticista, ma la volevo.La tizia fu gentile (dal suo punto di vista) e vedendomi così appassionata ci fece entrare senza tessera.In realtà, io la volevo quella tessera.Il giorno dopo ci tornai.A dire il vero non c'era granché, in quel grosso edificio anonimo.Un negozio che vendeva vhs e dvd, dove comprai un libro su Max von Sydow.Una biblioteca dove girai per un po' con la bava alla bocca.E quello strano clima che avvolge i posti sacri, ma quello era nella mia testa più che nell'enorme edificio anonimo.Anonimo.Ma è una delle più belle sorprese che Stoccolma mi abbia fatto, senza nemmeno che osassi chiedergliela.E questo è il motivo, per rispondere a chi me lo ha chiesto, per cui lo tengo fra i miei link.

Lunedì 8 maggio 2006: Caro mondo..
..io mi sono stancata.E non capisco, no, a volte proprio non capisco.La logica del "dato di fatto" spopola e non mi riesce di trasportarla lassù, fra le nuvole, dove ciondola la mia testa.Non è la prima volta che ti sento parlare di fatti, mondo.Non è la prima volta che i miei fatti sono in disaccordo coi tuoi concetti di coerenza, onestà, lealtà, amicizia, amore, varie ed eventuali.E non è la prima volta che mi accusi di rappresentare la categoria opposta a tutte le splendide falsissime categorie sovrastanti.Ti dirò, mondo, che spesso anche i miei pensieri sono in disaccordo con quanto mi prospetti.Il problema è soltanto che tu, troppo spesso, pretendi che il mio comportamento si adatti.E a me non riesce troppo bene.Vorrei che mi riuscisse, se devo esser sincera, ma pare che conti poco, non mi riesce.Dico che mi sono stancata, ma in realtà non mi riesce nemmeno di arrabbiarmi.Perché alla fine ce la fai, a farmi sentire in colpa.Ti ringrazio perché sai scegliere sempre i momenti migliori, e quando cerco di spiegarti hai pazienza e ti fidi sempre.Scusa l'ironia.



Mercoledì 17 maggio 2006: I don’t use chairs
Ho voglia di sedermi sul pavimento, e disegnare, bevendo una tazza enorme di caffè.Di sedermi su un tavolo, di fianco alla finestra, e di fumare una sigaretta mentre fuori piove.Di sedermi a gambe incrociate nel parco a leggere un libro, all'ombra di un albero.Di sedermi sulla riva del fiume ad osservare le barche che passeggiano stanche.Di sedermi sul letto, con qualcuno, a mangiare biscotti.Di sedermi in macchina e guidare, guidare, guidare finché non sono stanca.Di sedermi sotto il portico in piazza S. Stefano, in un fresco pomeriggio di agosto, e pensare a quant'è bella la mia città quando è vuota.Di sedermi sulla valigia in un treno affollato.Di sedermi sull'altalena che c'era in giardino quando ero bambina.Di sedermi sulla collinetta a guardare le stelle in una sera in cui fa troppo caldo, e non c'è vento.Di sedermi in mezzo alla strada, e chiacchierare per qualche minuto.Di sedermi su una poltrona, e addormentarmi.Ma le sedie, quelle non me le nominate nemmeno, adesso.

Giovedì 25 maggio 2006: Home, sweet home
Se vincessi al superenalotto, mi comprerei una casa.
La mia casa ideale dovrebbe essere più o meno così:
-innanzitutto dovrebbe chiamarsi "hem" o "hus", perché sarebbe in Svezia;
-dovrebbe essere una mansarda, con il soffitto inclinato e una finestra da cui vedere i tetti di Parigi;
-dovrebbe essere un monolocale, perché adoro i monolocali e odio le case grandi;
-dovrebbe avere solo finestre;
-dovrebbe avere anche un tavolo sotto una delle finestre, su cui potrei sedermi per guardare fuori;
-dovrebbe avere l'erba sul tetto, come le casette nordiche;
-dovrebbe essere rossa, all'esterno. Rosso scuro;
-dovrebbe avere due sedie di legno, anch'esse rosse, attorno al tavolo;
-dovrebbe avere una teiera blu in cucina;-dovrebbe distare non più di 20 minuti a piedi dal centro di Bologna, pur essendo in Svezia e pur affacciandosi sui tetti parigini;
-dovrebbe avere un letto grande;
-dovrebbe avere la tv appoggiata per terra;
-dovrebbe avere quelle piastre elettriche per cucinare, che formano il tondino rosso quando sono accese perché mi piace il tondino rosso quando sono accese;
-dovrebbe avere i fornelli a gas perché odio cucinare con le piastre elettriche anche se il tondino rosso è bello;
-dovrebbe avere un soffitto completamente di vetro, trasparente;
-dovrebbe essere colorata;
-dovrebbero esserci tante candele, tante matite, tante tazze grandi da caffè lungo lungo;
-dovrebbe avere libri sparsi per tutto il pavimento;
-dovrebbe avere un balcone, accessibile solamente da una finestra, perché odio le porte-finestra;
-dovrebbe aprirsi con una di quelle chiavi lunghissime e pesanti;
-dovrebbe essere possibile scrivere e disegnare ovunque, sui muri, sul frigorifero, sul tavolo, sulle finestre;
-dovrebbe esserci sempre odore di caffè;
-dovrebbe avere il mio nome scritto in amarico sul campanello.
Vado a giocare al superenalotto.

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