Sunday, September 24, 2006

Yogurt-manie

Lo yogurt, a casa mia, si mangiava in vacanza.
Non solo in vacanza, forse, ma la consumazione di yogurt nella mia famiglia aumentava in maniera esorbitante quando ci si trasferiva in vacanza in Sardegna.
Dopo 27 anni io associo ancora lo yogurt Yomo alla mia casa in Sardegna, all'estate, al caldo, e a quei 3 gusti che preferivo all'epoca (che erano, per la cronaca, quello ai mirtilli neri, alle ciliegie e amarene, e agli agrumi di Sicilia).
Ogni tanto lo guardavo, il barattolino dello Yomo, e pensavo che il 90% dell'amore che io avevo per lui fosse da addebitare proprio alla forma così poco spigolosa del barattolino.
Quando si dice che l'immagine non conta.
Gli yogurt io li ho sempre scelti in base al colore.
Non sopportavo (e non sopporto tuttora) quello alla fragola, perché era di un colore rosa-pallido-malaticcio che mi deprimeva.
Tantomeno quelli giallino-chiaro-sbiadito, che non saprei a che gusto associare ma sono sicura che esistano.
Quello ai mirtilli neri era di un bel colore rosa-violetto-intenso, metteva di buon umore ed era decisamente più buono.
Quello bianco, con l'aggiunta di un cucchiaino di miele, era assolutamente la mia droga preferita, a condizione -chiaramente- che mi trovassi in vacanza in Sardegna.
Ma il barattolino.. quello era l'essenza di tutto, più della Sardegna, più dei mirtilli, più del colore intenso con effetti benefici sull'umore.
Ho ritrovato quell'invettiva contro la matematica di un annetto fa, presumo che fosse stata trascritta su carta apposta per lanciarla in qualche fiume, per poi rimanere nascosta sotto quintali di scartoffie in uno dei miei cassetti.
Mi è piaciuto un sacco gironzolare in macchina, e fermarmi a fumare un paio di sigarette.
Non lo facevo da tanto, e mi è piaciuto, anche se la mia frizione non funziona, anche se non so guidare, anche se non sapevo dove andare.
Domani, me lo hanno promesso, pioverà.

Sunday, September 17, 2006

Suonetto





















Ovvero: IL CONIGLIO

Già dalle tre mi rigiro nel letto
e fra le coltri son qui che mi chiedo
donde provenga codesto suonetto
simil a canto stonato d'aedo.

Imbufalito sorgo dal giaciglio
e nelle tenebre avanzo tentoni
non dopo aver fatto un bello sbadiglio
mentre mi infilo i miei vecchi calzoni.

Nel mezzo del cammin della mia casa
il guardo verso la cucina punto
perché la scopro di luce pervasa.

Deh, dal frigo aperto fino a me giunto
(d'una carota la gola avea invasa)
IL CONIGLIO, beh…, rantolando trapassa.
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Dostoevskij c'entra soltanto perché vorrei averlo comprato, oggi, ed essere sotto le coperte a leggerlo. Adesso.
So che mi perdonerà per averlo affiancato a cotanto orrore.

Monday, September 11, 2006

frankfurt by night

^_^

Saturday, September 02, 2006

Finding Siili

Sono tornata a piedi camminando per Strada Maggiore, fino all'incrocio con via Fondazza, davanti al cinema dove vidi quel film di Woody Allen che non era granché ma c'era poca gente ed è stato ugualmente piacevole, e ho seguito il portico fino alla chiesa, con una strana sensazione di deja-vu, come se stessi ripercorrendo dopo anni un percorso un tempo abituale.
E davanti alla chiesa c'erano un po' di impalcature e quei nastri bianchi e rossi da lavori in corso, ma si poteva sbirciare dentro, e dentro era così vuota e così grande, in mezzo a tutta quella polvere che s'alzava come nebbia al primo raggio di sole.
Faceva caldo, e un paio di operai lavoravano all'interno.
Ho seguito via del Piombo, e mi è tornato in mente che B. abitava lì, proprio lì, a pochi passi dalla chiesa, di fronte alla Biblioteca delle Donne, che al tempo non c'era, o non si chiamava così, o forse era solo che ignoravo la sua esistenza.
E che ci avevo passato tanti pomeriggi, anche se di solito scendevo dall'autobus alla porta e arrivavo dall'altra parte, da su, dalla casa di Carducci e dalla piazza.
Mi ricordavo l'entrata, e i campanelli.
"Scala A", diceva lei, "come la nostra sezione, è facile, dovresti ricordartelo.", e io puntualmente lo dimenticavo, ma non importava, perché la scala A era la prima fila di campanelli, e quindi lo trovavo sempre subito.
Mi sono fermata un po', a guardare dentro dalla porta a vetri.
Il giardino lo ricordavo bene, c'era anche la fontana, e tante piante in vasi enormi, e il tappeto rosso sugli scalini, e la guardiola del portiere, che però non c'era mai.
I campanelli sono cambiati, però, ora c'è un tastierino con tanti numeri, e bisogna comporre il numero per suonare, ma non avevo intenzione di suonare, no, volevo solo vedere se per caso abitasse ancora lì.
Non ricordo se stesse al terzo o quarto piano, e probabilmente non lo ricorderò mai, dato che né al terzo né al quarto ho visto scritto il suo nome.
Chissà se vive ancora nell'altra casa, vicino ai Giardini Margherita, "proprio lì, dove c'è la Ferrari", diceva lei.
O chissà dove.
Chissà se vive ancora a Bologna, poi.
La biblioteca però era proprio lì di fronte, e mentre ci entravo avevo una gran voglia di chiedere se ci fosse sempre stata, e come avessi fatto a non notarla mai in tutti questi anni, dal quel balcone di via del Piombo, scala A, come la nostra sezione.