Wednesday, March 28, 2007

Il granaglione

Oggi passeggiavo lì davanti e gli ho fatto due foto, dalla vetrina, perché mi vergognavo un po' ad entrare e a chiedergli se potevo fotografare i sacchi di riso e legumi.
Passava un po' di gente che si fermava incuriosita.

Io ci lavorerei subito, in un negozio così.

Tuesday, March 27, 2007

Hoppípolla

Perché negli ultimi giorni sono un po' triste, ma non mi va di farlo vedere.
Perché mi va di essere un po' felice, però.
Perché mi sembra che sia un po' possibile, in fondo.
Perché a volte, mentre seguo il percorso dell'autobus dal finestrino anteriore, che è così grande e dritto che si scorge bene tutta la strada, a volte in quel momento ascolto questa canzone, e mi sembra che si muovano tutti un po' più leggeri, e a ritmo di musica, e con un gran bel sorriso che è quasi contagioso.
Per chi non lo sapesse ancora, il titolo di questo blog viene da qui .

Monday, March 12, 2007

Come eravamo..

(click to enlarge)
Peccato che nessuno dei soggetti presenti legga da queste parti..
E peccato anche che quasi tutti quelli che leggono non sappiano nemmeno che faccia abbia.
Però in effetti è quasi divertente così, per cui non credo che svelerò quale sono.
Tanto, capelli a parte, sono sempre uguale.
E ha quasi 10 anni 'sta foto..

Sunday, March 11, 2007

il più bel libro di sempre.

- Io, quella vecchia maledetta, l’ammazzerei e la svaligerei, e senza nessuno scrupolo di coscienza, te l’assicuro [...]. Se l’ammazzassimo e ci prendessimo e suoi soldi, per dedicarci poi con questi mezzi al servizio di tutta l’umanità e della causa comune, non credi che un solo piccolo delitto sarebbe cancellato da migliaia di opere buone? Per una vita, migliaia di vite salvate dallo sfacelo e dalla depravazione. Una morte sola, e cento vite in cambio: ma questa è aritmetica! E poi, che cosa conta sulla bilancia generale la vita di quella vecchiaccia tisica, stupida e cattiva? Non più della vita di un pidocchio, di uno scarafaggio; anzi, vale meno, perché quella vecchia è dannosa. Distrugge la vita altrui.

[...]

- Sono venuto per parlare di una cosa - proferì d'un tratto Raskòl'nikov - oggi ho lasciato i miei, mia madre e mia sorella. Non andrò più da loro, adesso. Ho rotto proprio.
- Perchè? - chiese Sònja come stordita.
- Adesso mi sei rimasta solo tu - aggiunse lui - Andiamocene insieme... Sono venuto da te. Siamo insieme maledetti, e insieme ce ne andremo!
- Andar dove? - chiese terrorizzata e involontariamente fece un passo indietro
- Come faccio a saperlo? So soltanto che bisogna andare per la stessa strada, lo so con sicurezza, e basta. Un'unica mèta!
Lei lo guardava e non capiva niente.Capiva solo che lui era tremendamente, infinitamente infelice.
- Nessuno di loro capirebbe niente se ti mettessi a parlargli, - proseguì - mentre io ho capito. Tu mi sei necessaria, per questo sono venuto da te.
- Non capisco... - bisbigliò Sònja.
- Poi capirai. Tu non hai fatto lo stesso? Anche tu hai oltrepassato... sei stata in grado di oltrepassare. Hai alzato la mano su te stessa,hai distrutto una vita... la tua (fa lo stesso!). Avresti potuto vivere di spirito e intelletto, e marcirai sulla Sennàja... Ma non puoi resistere, e se rimarrai sola perderai la ragione, come me.Anche adesso sei già come una folle; dunque dobbiamo andare insieme, per la stessa strada! Andiamo!
- Perchè? Perchè dite questo! - proferì Sònja, stranamente e tumultuosamente turbata alle sue parole.
- Perchè? Perchè non si può restare così, ecco perchè! Alla fin fine bisogna ragionare con serietà e franchezza, e non piangere e urlare infantilmente che Dio non lo permetterà!
[...]
- Che cosa, che cosa fare allora? - ripeteva Sònja piangendo istericamente e torcendosi le mani.
- Che fare? Demolire quel che si deve, una volta per sempre, e nient'altro: e prendere su di sè la sofferenza! Che? Non capisci? Poi capirai... Libertà e potere, ma soprattutto il potere! Su tutte le creature tremanti e su tutto il formicaio!... Ecco la mèta! Ricordatelo! Questo è il mio viatico per te! Forse è l'ultima volta che parlo con te. Se non verrò domani, verrai a sapere tutto da sola, e allora ricordati queste parole qua. E un giorno, chissà quando, tra anni, vivendo forse capirai che cosa volevano dire. Ma se verrò domani, ti dirò chi ha ucciso Lizaveta. Addio.
- Sonja tremò tutta dalla paura.
- Ma voi davvero sapete chi l'ha uccisa? - chiese raggelandosi dal terrore e guardandolo con stupore.
- Lo so e te lo dirò... A te, soltanto a te! Ti ho scelto. Non verrò da te a chiedere perdono, semplicemente te lo dirò. E' da un pezzo che ti ho scelto per dirtelo, l'ho pensato ancora da quando tuo padre mi ha parlato di te e Lizaveta era ancora viva. Addio. Non darmi la mano. Domani!
Andò via. Sonja lo guardava come un folle.

[...]

Erano seduti l'uno accanto all'altro, tristi e abbattuti come se fossero stati gettati su una riva deserta, soli, dopo una tempesta. Egli guardava Sonja e sentiva quanto l'amore di lei gli penetrasse dentro; ma, strano a dirsi, all'improvviso provò pena e dolore d'essere amato così profondamente. Sì, era una sensazione strana e terribile! Nell'andare da Sonja, aveva sentito che lei era tutta la sua speranza, la sua unica via d'uscita; aveva pensato di liberarsi, almeno in parte, delle sue sofferenze; ed ecco che all'improvviso, ora che tutto il cuore di Sonja era per lui, sentiva e capiva di essere molto più infelice di prima.

(Delitto e castigo, Fedor M. Dostoevskij)

Friday, March 09, 2007

Quando ero a scuola, di inglese non capivo più di tre parole.
Sempre quando ero a scuola era uscito Armageddon, e non l'ho mai visto perché avevo (e ho tuttora) l'idea che non mi sarebbe piaciuto.
Poi c'era quella canzone che la cantavano tutti e mi aveva anche un po' rotto le palle.
Oggi andavo in giro in bus e mi sono fermata ad ascoltare quello che dice.
Mi sa che ci sono mille canzoni del genere, di cui ignoro il testo perché da quando ho imparato l'inglese non mi sono mai soffermata ad ascoltarlo.
E' brutto.

I could stay awake just to hear you breathing
Watch you smile while you are sleeping
While you're far away and dreaming
I could spend my life in this sweet surrender
I could stay lost in this moment forever
Well, every moment spent with you
Is a moment I treasure
I don't wanna close my eyes
I don't wanna fall asleep
'Cause I'd miss you, babe
And I don't wanna miss a thing

Uff.

Tuesday, March 06, 2007

Guten Tag, ich will mein Leben zurück

(in cui si ragiona di anormalità)
Perché mi sa che inconsciamente si è formato nella mia testa un concetto di normalità che fa a botte con tutto quello che io sono.
Tutto è normale, ciò che io non sono.
E specialmente non riesco ad essere.
Ma che vorrei essere.
Evidentemente non a tal punto da scalciare, sbraitare, urlare, arrabbiarmi come fanno un po' tutti quelli che mi dicono che "se non ci provi neanche..", che "volere è potere", e beati voi che siete così tutti d'un pezzo, perché io ho una serie di pezzetti rotti dentro, e non mi riesce nemmeno di capire se valga la pena di incollarli un po'.
Chi li abbia rotti non lo so.
Non so nemmeno quando, anche se credo sia stato un processo lento.
O magari si sono rotti tutti subito invece, ma sono stata chiusa in un guscio per così tanto tempo, che accorgermene è stato possibile solo ora.
O poco fa, o qualche anno, non c'è differenza.
Però so che erano molto meno rotti, una volta, o almeno che la sensazione era quella, e che rispecchi o no la realtà a volte mi sembra poco importante, perché la sensazione era bella ed io molto più serena e disposta a farmi conoscere.
Anche più disposta a fare del male, forse, e il mio terrore è che la chiave sia quella, imparare a scalciare non contro il muro, ma contro gli altri.
Se non altro quando ti fanno male, ma è una consolazione che non consola.
Probabilmente quello che sembra da fuori è che io sia terribilmente egoista.
Magari anche un po' malata e bisognosa d'aiuto, ma quando l'aiuto viene rispedito gentilmente indietro non c'è neanche bisogno di capire il perché, divento solo terribilmente egoista.
Quando poi imparo quali sono le reazioni standard, inizio ad averne paura.
Quando inizio ad averne paura io chiudo la porta, e non entra più nessuno.
Basterebbe una volta, per farmi credere che un paio di parole siano la reazione standard che tanto mi fa male, e per farmi chiudere la porta.
E ne ho chiuse tantissime, una per ognuno di quei pezzettini che si sono rotti, in modo che lì dentro non ci entrasse più nessuno, e non potesse calpestare oltre.
Mi bastava rinchiudere tutta me stessa in uno sgabuzzino, ed andare in giro con quel fantoccio vuoto, che si diverte sempre e ha quel bel sorriso stampato in faccia, che è amico di tutti e non si fa mai male.
Quella era la Giulia tanto divertente a cui non potevi non voler bene, perché non si arrabbiava mai, perché aveva imparato ad essere ironica, e pareva ironica anche sulle cose che le facevano male, e in realtà lo era solo perché man mano le nascondeva, e si sforzava di tirare fuori quel bel sorriso che alla fine era davvero un'abitudine naturale.
Non so perché non funzioni più, così.
Probabilmente ormai, a forza di nascondere ogni singolo pezzetto sensibile, fuori non m'è rimasto nemmeno il fantoccio, e sono solo egoista e menefreghista.
Il menefreghista poi è quanto di più ironicamente buffo ci sia.
Ogni volta che me lo dico, che me ne frego di tutto e tutti, mi viene da ridere/piangere da sola.
Chissà come sono i menefreghisti veri, a questo punto.
Ma soprattutto chissà come sono quelli a cui invece importa, e importa di tutto.
Chissà quanto diavolo stanno male.
Credo sia solo questione di non vergognarsi a mostrarlo.
Io me ne vergogno.
Perché mi fa paura, e perché non ricordo una sola volta in cui non mi sia sentita sbagliata a mostrarlo.
E allora sta tutto lì dentro, insieme al fantoccio.
Che quando ci penso mi sembra un po' il fantoccio del mago di Oz, quello che non aveva il cervello.
Alla fine glielo regalavano, beato lui.
Io invece vedo di tirare fuori dalla polvere il mio povero fantoccio senza cervello, e di attaccargli pian piano tutti quei pezzettini, e poi farlo vedere un po' in giro, perché ogni tanto ha ancora un bel sorriso, solo che ci vuole qualcuno che non lo faccia sentire così tanto senza cervello.
Umpf.
Questa storia del fantoccio del mago di Oz mi ha messo un po' il buonumore.