Thursday, January 25, 2007

Shopping?

Ora dimostrerò che anche io, alla fine, per quanto cerchi di nasconderlo sotto le scarpe, sono vittima del consumismo.
Perché alla fine presumo che la felicità che provo in queste situazioni sia paragonabile all'acquisto di un paio di scarpe firmate del valore di euro 500 cadauna.
Magari la differenza è che il mio consumismo alternativo mi porterà alla rovina in un lasso di tempo ragionevolmente maggiore.
Sospiro.
Fatto sta che amo comprare:
- le matite (e questo credo che non sia più un segreto per nessuno), quelle normali, non colorate, non grosse, non coi pupazzetti. Matite normali da cartoleria normale. E' più forte di me;
- il latte nelle bottiglie di vetro;
- i cereali, adoro le scatole e il rumore che fanno se le scuoti;
- lo yogurt Yomo, ha i vasetti più belli del mondo;
- i limoni, io li trovo bellissimi;
- il giornale, e adoro leggerlo camminando, poi cado, vado a sbattere, perdo le pagine, mi si accartocciano, bestemmio e mi innervosisco. Ma adoro leggerlo camminando;
- il caffè al bar, ma soprattutto il coffee-to-go lungo lungo in quel bicchiere di carta col tappo e il buco sopra, che faceva molto americano, ma durava un sacco, e mi manca, dannata Italia;
- le candele, anch'esse normali;
- i libri, vabbeh, questa è scontata, non la commento nemmeno;
- il riso e i legumi sfusi, dal "granaglione" (ma poi è parola realmente esistente, il granaglione?);
- il succo di mela, quello limpido e trasparente, nelle bottiglie di vetro;
- le tazze, da tè, da caffè, da qualsiasi cosa;
- le cartine per le sigarette;
- i segnalibri, o qualsiasi cosa che possa fungere da segnalibro;
- i termometri a mercurio.

Wednesday, January 24, 2007

Les Retrouvailles

PRINCE HENRY
I know you all, and will awhile uphold
The unyoked humour of your idleness:
Yet herein will I imitate the sun,
Who doth permit the base contagious clouds
To smother up his beauty from the world,
That, when he please again to be himself,
Being wanted, he may be more wonder'd at,
By breaking through the foul and ugly mists
Of vapours that did seem to strangle him.
If all the year were playing holidays,
To sport would be as tedious as to work;
But when they seldom come, they wish'd for come,
And nothing pleaseth but rare accidents.
So, when this loose behavior I throw off
And pay the debt I never promised,
By how much better than my word I am,
By so much shall I falsify men's hopes;
And like bright metal on a sullen ground,
My reformation, glittering o'er my fault,
Shall show more goodly and attract more eyes
Than that which hath no foil to set it off.
I'll so offend, to make offence a skill;
Redeeming time when men think least I will.

Exit
(1 Henry IV, Act I, Scene II)


Perché Yann Tiersen a me mi tira sempre su di morale.
O meglio, mi mette di quell'umore misto malinconico che a me sembra essere la condizione ideale di una vita.
Insieme a quegli attimi di felicità in cui avresti voglia di gridare e tutto quel che ne deriva è silenzio, silenzio, silenzio, e quella sensazione d'essere ancora più felice, in mezzo a quel silenzio.
Perché Yann Tiersen accompagna e non disturba.
Fa un po' come quel silenzio.
E' stato un bel regalo. :)
Così come lo è stato sedersi su una poltroncina nera e morbida, e conversare amabilmente di un giovane Shakespeare che lascia Stratford per la metropoli londinese.
E di un Enrico V che è diventato IV perché nella mia testa avvengono collegamenti così veloci che a volte quasi non me ne accorgo.
E' un po' buffo, pensavo, che le soddisfazioni più grandi mi arrivino sempre da chi mi è lontano, o da chi quasi non mi conosce, e devo ancora capire se mi fa più male o più bene.
Fatto sta che sono soddisfazioni e sul momento fanno un gran bene.
Poi aumentano la mia paura di riuscire a perdere i pochi legami rimasti, perché qualche mese fa mi ero convinta di non saper amare nessuno, e qualche mese prima di non poter essere amica di nessuno, e ora penso che in realtà sia solo molto difficile.
Ma "molto difficile" è un minimo più incoraggiante.
Credo che tanta gente sia definitivamente persa, sulla mia strada, fa un po' strano a pensarci, ma va bene così, non mi va più di litigare, o di mediare, o di trattenermi, o di fingere, o di cambiarmi.
Tanto credo che nessuno di loro legga da queste parti.
Forse qualcuno, ma spero che sappia che in me non c'è mai rancore.
E' solo che a volte qualcuno o qualcosa mi fa felice, e capisco la differenza.
E ora, davvero, mi sembra insormontabile.

Saturday, January 20, 2007

gioco-gioco

Siccome sia Flo che Barbara Jacob (che ringrazio del complimento, e a cui dico che invece si, a volte la leggo anche io, anche se ad essere onesti per questo gioco sono stata indirizzata..) mi chiamano in causa, e siccome il mio umore è andato a far compagnia alla mia pressione, là sotto le scarpe, con poche probabilità di risalita, provo a dedicarmi a questo giochino che già non mi ricordo più cosa chiedesse, ma era tipo 5 (o più) cose che non sapete di me (ma alcuni forse si).

- La foto qui sopra rappresenta in modo eloquente i miei appunti durante le lezioni in tedesco a Francoforte, e soprattutto quanto e cosa capissi delle suddette.
- Quando mangio il miele non chiudo mai il barattolo, appoggio il coperchio sopra, senza ruotarlo, perché il barattolo è sempre appiccicoso e mi dà l'idea che anche solo appoggiando il coperchio, tutto quel miele farà da colla e la chiusura sarà ugualmente assicurata.
- Perdo il pigiama in continuazione, lo ritrovo dopo qualche giorno, tanto che è quasi impossibile che io indossi lo stesso per due sere di seguito.
- Quando vado dal dentista canto, per distrarmi. Non prima o dopo, ma durante.
- Pur di non alzarmi ho pulito più volte il caffè rovesciato sul tavolo con la maglietta che avevo addosso.
- Quando ero a Francoforte una volta ho asciugato i capelli sul termosifone, perché dovevo uscire ed era saltata la luce.
- Quando abbiamo preso il gatto io avevo talmente paura degli animali che, pur essendo un cucciolo di dimensioni ridicole, ci misi giorni prima di trovare il coraggio di prenderlo in braccio. Lo feci con addosso salopette, felpa, guanti, scarpe e cappello, in modo che non potesse mangiarmi. No, non avevo 3 anni, ne avrò avuti circa 16-17.

Non chiedo a nessuno di fare altrettanto, tanto ve lo assicuro, questa cosa non ha migliorato il mio umore.

Sunday, January 07, 2007

Post che è venuto triste ma in realtà io oggi sono un po' felice

Perché poi la colonna sonora di Goodbye Lenin a me mette sempre una gran nostalgia.
Sono andata a letto con un sorriso, mi sono svegliata con il cielo grigio, ho studiato qualche pagina ruvida e ora ho voglia di un tè, caldo.
Pensavo a me stessa di una decina d'anni fa, alla finta faccia tosta che avevo, agli amici che avevo, alla vita che avevo, ai pensieri che avevo.
Pensavo anche a come sono riuscita a perderli quasi tutti, la faccia tosta, gli amici, i pensieri.
C'è un concetto dell'amicizia che gira, e impregna la gente, e implica che tu debba sempre muoverti, correre, fare, dare, esplicitare, dimostrare. perché gli altri si muovono, corrono, fanno, richiedono, non capiscono, pretendono.
Puoi invertire i ruoli all'occorrenza, perché sono tutti disposti a muoversi, correre, fare, dare, dimostrare, se tu ti muovi, corri, fai, dai, pretendi.
Non è un gioco totalmente egoista, insomma.
E' un diritto a pretendere dagli altri ciò che si è disposti a dare.
E' uno dei principi dell'amicizia, dell'amore, dell'umana convivenza.
A me, mi fa schifo.
E mi fa schifo anche quando qualcuno che non ha rispettato i suddetti principi si sente irragionevolmente in colpa, e in dovere di scusarsi con me.
Io non pretendo niente, e non mi piace forzare nessuno. Nemmeno se questo è l'unico modo per mantenere dei rapporti umani stabili.
Solo che pare che lo sia.
Mi piacerebbe che la gente ragionasse sulle cose prima di decidere che sono sbagliate, che fanno arrabbiare, che sono incompatibili.
Mi piacerebbe che sapesse spiegarmi il perché delle suddette reazioni in modo intimo e personale.
Mi piacerebbe che non si fermasse alla superficie dei miei discorsi, anche di quelli più superficiali.
Quando ero ragazzina mi ci arrabbiavo tanto.
E le odiavo queste persone attorcigliate nei loro atteggiamenti che non capivo, e più ci pensavo più mi ci arrabbiavo.
Ora mi dispiace soltanto vedere sempre più gente passeggiare su strade lontane, mi dispiace vederle piccole, in prospettiva, mi dispiace vederle sfuocate e non riuscire ad avvicinarmi per capire cosa indossano.
Ma non credo sia colpa mia e non credo nemmeno che sia una colpa, in fondo.
Mi dispiace e nulla più, ed è veramente, tutto, scoraggiante.
Però è vero, ci sono delle cose che ti fanno sempre stare bene.
Come la colonna sonora di Goodbye Lenin, che mi mette sempre addosso quella gran nostalgia.
E quella tazza, che cambiava espressione a seconda dell'inquadratura, e che mi sa che me la ricordo solo io, ed oggi non è molto allegra.

Tuesday, January 02, 2007

Diamonds and Rust

Mi sveglio con una canzone in testa, la canto, la ricanto, la fischietto, la penso.
Ho una macchinina gialla che corre sullo schermo, e a volte, mentre studio, alzo lo sguardo e la sposto un po'.
Vorrei imparare a fare le cose per me, ogni tanto, perché farle per gli altri è bello, ma presuppone che ci sia sempre qualcun altro a gioire di quelli che dovrebbero essere i miei successi, i miei pensieri, e tutto il resto.
Poi però guardo questo libro, sottolineo due righe vagamente importanti, e penso che non lo sto realmente facendo per me, e che anzi, farlo solo per me avrebbe qualcosa di sprecato.
Non vorrei dirlo, ma lo dico. Sprecato, proprio.
E' un gioco che a lungo andare diventa pericoloso, e qui, da queste parti, lo è già diventato da tanto.
Alcune canzoni, ascoltate a letto, al caldo, con in testa un po' di pensieri belli, sono una droga efficacissima, e mi fanno sentire di un bene incredibile.
Così mi sono svegliata, con in testa una canzoncina, e la canto, la ricanto, mentre leggo e sposto con la coda dell'occhio una macchinina gialla, che per oggi si muove tanto più di me, ma senza di me non andrebbe di sicuro molto lontano.