Sunday, July 30, 2006

sunday afternoon

Dato che odio la domenica, e che stava rischiando di diventare davvero troppo pesante, ho pensato di renderla un po' più sopportabile regalandomi un giro in libreria.
Nella piazzetta davanti all'entrata di Feltrinelli, sotto le torri, c'era un pullman dal quale sbarcavano tanti soggetti anglofoni, molto bianchi e molto spaesati.
Ho saltato una valigia violetta, per arrivare alla porta.
Credo di aver fatto un giretto di un'ora, al termine della quale avevo puntato una decina di libri.
Alla fine ho optato per Canetti, e per "Castelli di rabbia" di Baricco.
Poi il senso di colpa mi ha convinta a comprare anche quel libro su Hobbes, per l'esame.
Quando ho attraversato via Rizzoli ho notato che non c'era una sola macchina, all'orizzonte.
Ho camminato distrattamente per un po', verso casa, perché quel silenzio mi aveva messa di buon umore, e non mi pareva nemmeno più così caldo.
Stasera lo inizio, Canetti.
O magari inizio da Baricco, non so.

Jack


Il mio ultimo cactus si chiama Jack.
Come Jack lo squartatore.
Jack quando fiorisce sembra quasi un comune vasetto di fiori, ma in realtà è un grasso cactus dall'aria un po' minacciosa.
Jack fiorisce solo di notte, e la mattina dopo il fiore appassisce, per sempre.
E' inquietante ed affascinante allo stesso tempo.
In questa foto sembra così innocente.
Ascolto il cd di Linda Perri con la ipsilon, e mangio un paio di quei biscotti tondi col buco, che costano quasi 1 euro l'uno.
Mancano 33 giorni al primo settembre.
Comincia a delinearsi il quadro di Bologna nel suo vestito estivo, vuota, calda, bella e dannata.
Quest'anno sopporto l'estate peggio del solito, e sebbene io sappia di avere tanto da fare, da studiare, di avere due esami che si avvicinano, sebbene io sappia che quei 33 giorni sono pochi rispetto a quello che dovrei leggere, beh, io vorrei che fossero già passati.
E che fosse già settembre.
E vorrei vedere le persone che tornano, con quell'aria un po' triste, e vedere i negozi che riaprono, e le auto per strada, e avere quella sensazione di essere tornati ad una normalità rilassante.
E avere il pensiero che il freddo stia per arrivare, assieme a quelle giornate buie e corte che sanno sempre strapparmi un sorriso.
Odio l'estate, davvero, mi uccide.

Thursday, July 27, 2006

starting a new game

Ho dormito poco. Ho sonno sonno sonno, da stamattina.E ho pensato che questo fosse un buon modo per perdere del tempo.Era da un po' che promettevo di farlo, solo che paradossalmente non ho mai voglia nemmeno di perdere tempo.
Rileggere buona parte di quello che ho scritto in un anno e mezzo è stato divertente.
Non amo rileggermi, di solito, e in effetti ora ho quella strana sensazione di essermi evoluta, nel tempo.
Le sensazioni e le parole più recenti sono meno difficili da accettare.
O quantomeno mi fanno sentire più partecipe, e meno spettatrice.
Ho notato alcune cose che mi va di raccontare:
-ho le idee confuse sul mio rapporto con i cambiamenti, e ne ho parlato un paio di volte in termini assolutamente diversi, per non dire contrari. Mi chiedo se sia una tendenza generale, o se una delle due visioni del mondo fosse dettata soltanto dalle particolari circostanze del momento;
-il mio rapporto con l'inverno, il caffè, la pioggia e il grigio, invece, non è minimamente messo in discussione;
-ci sono alcuni post che ho scritto direttamente al pc. Di solito sono quelli che raccontano le mie giornate, in modo più o meno ironico, ma poco intimo e sottile. Quelli più eterei sono quasi sempre stralci di altre parole cartacee;
-non riesco a non rileggere "La pioggia nel pineto" ogni volta che me la ritrovo davanti;
-il mio umorismo a volte mi fa schifo.
Questo è quanto.

Archive: Luglio 2006

Venerdì 7 luglio 2006: Alles wird gut
Ho imparato a capire che quando rigiro per più di due minuti il cucchiaino nel caffè, allora c'è qualcosa che non va.Ho una strana sensazione di consapevolezza che, caso strano, mi fa ben sperare.Ho imparato anche che pensare non è uguale a dire, a parlare, a sapere.Ho perso il calendario anti-estate e ora credo manchi una quantità variabile fra i 60 e i 50 giorni, a settembre. Credo che dovrò aspettare l'esame per averne la certezza.Ieri è stata una brutta giornata.La cosa che mi consola è che sono maledettamente lunatica.Quando hai una brutta giornata, essere lunatici è una fortuna.Ho voglia di indossare un maglione, e di pensare che posso allentare la tensione, e che per un po' di tempo sarà tutto in discesa. Nel frattempo, tengo la mente impegnata.E' un'impresa titanica, ma funzionerà.

Lunedì 17 luglio 2006: La fontana è malata
Ho avuto una bella mattinata, allegra, nonostante il sole, il caldo, e tutta quella luce e quegli sguardi da estate.Mi sono svegliata col caffè, e ho trovato una fetta di torta ai lamponi, in cucina. A pensarci ora non mi sembra nemmeno vagamente possibile.Il tabaccaio ha riaperto, aveva lo sguardo triste di chi ha appena rimesso piede in una routine deprimente.Ho comprato le sigarette, e attraversato la strada lasciando passare un ciclista. Lui ha sorriso, e ringraziato.Sull'autobus c'era una ragazza carina, che sorrideva all'autista tramite un originale gioco di specchietti. Sul torresotto di San Vitale ho notato uno di quegli aggeggi -il cui nome sarebbe bellissimo conoscere e scrivere qua al posto di "aggeggio", ma proprio mi sfugge- che si muovono e piegano col vento.Fuori dallo studio della prof. c'era un ragazzetto impaurito, che ascoltava la conversazione tra lei e un altro ragazzo, senza rendersi conto che non si trattava di un esame. Ha mormorato qualcosa su un labirinto e se n'è andato.Lo studio del prof. invece, quello sì che era un labirinto. E uscendo ho salutato anche la donna grassoccia del piano di sotto che mi aveva fatto segno di salire, con la mano, senza staccare lo sguardo dal monitor del computer.In piazza Santo Stefano hanno sistemato le sedie in modo buffo.Mentre tornavo a casa, mi è tornata in mente quella poesia sulla fontana malata.
"Clof, clop, cloch,
cloffete,
cloppete,
clocchette,
chchch......
E' giu',
nel cortile,
la povera
fontana
malata;
che spasimo!
sentirla
tossire.
Tossisce,
tossisce,
un poco
si tace....
di nuovo.
tossisce.
Mia povera
fontana,
il male
che hai
il cuore
mi preme.
Si tace,
non getta
piu' nulla.
Si tace,
non s'ode
rumore
di sorta
che forse...
che forse
sia morta?
Orrore
Ah! no.
Rieccola,
ancora
tossisce,
Clof, clop, cloch,
cloffete,
cloppete,
chchch....
La tisi
l' uccide.
Dio santo,
quel suo
eterno
tossire
mi fa
morire,
un poco
va bene,
ma tanto....
Che lagno!
Ma Habel!
Vittoria!
Andate,
correte,c
hiudete
la fonte,
mi uccide
quel suo
eterno tossire!
Andate,
mettete
qualcosa
per farla
finire,
magari...
magari
morire.
Madonna!
Gesù!
Non più!
Non più.
Mia povera
fontana,
col male
che hai,
finisci
vedrai,
che uccidi
me pure.
Clof, clop, cloch,
cloffete,
cloppete,
clocchete,
chchch..."
(Aldo Palazzeschi)

Archive: Giugno 2006

Domenica 11 giugno 2006: cine-mercato
- Part 1 -
Io non so quanta gente realmente bolognese legga abitualmente da queste parti.Poca, credo, ma penso di poter contare su un paio di persone.Persone che magari ricordano Bologna quando il 19 si chiamava 45, e non andava a Casteldebole, e per arrivare in centro faceva un giro stupido che non ricordo perché ero un po' bamboccia e conoscevo poco di quel che avevo attorno.Persone che ricordano le due torri senza la statua di San Petronio, che ricordano Lazzarini e le sue frittelle di mele al posto di quel negozio di vestiti, che ricordano il Liceo Fermi senza quell'orribile cancello verde, persone che ricordano la biblioteca Ginzburg essere stata una scuola elementare, che ricordano l'asinello rosso nella giostra dei giardini Margherita, o la pista per le macchinine, persone che andavano al Druido prima che si chiamasse birreria Meddix, persone che ricordano la strada per Ca' de' Mandorli buia e senza rotonde, o anche semplicemente il parco di fronte casa mia senza il palazzo che ora stanno costruendo sulle erbacce.Credo che se ci pensassi un po', troverei tanti altri cambiamenti.Fa un po' strano, vivere in un posto per 26 anni e vederlo cambiare di giorno in giorno.Non te ne accorgi.Non ci pensi.Almeno, io non me ne sono accorta, e non ci ho pensato, prima di leggere che stanno per chiudere tanti cinema in centro, perché la gente non ci va più, perché preferisce quei supermercati che chiamano multisala, dove tutto il piacere di scegliersi un posto camminando fra i cappotti e le teste di chi è arrivato prima è negato, dove non sarà mai possibile uscire e ricordare di aver visto il film seduti sulle scale perché il posto alla fine non lo si era trovato, dove non si entra più a spettacolo iniziato, dove i pop-corn giganti valgono più del film.A me quei cinema piacevano.E ora su quest'ondata nostalgica mi viene da pensare che anche il 45, in fondo, mi piaceva più del 19.
- Part 2 (per Irene) -
I am: Io sono piccola, e farai fatica a non calpestarmi. Sono esattamente ciò che vedi ed anche il suo contrario. Sono lunatica ed anche un po' scema. Sono emotiva e vorrei non esserlo.
I want: Voglio sedermi e mangiare quei biscotti sul letto, voglio vedere Nashville e cantarlo dall'inizio alla fine, voglio un po' più di coraggio e voglio che piova, domani.
I wish: Spero che prima o poi il mondo sarà come il mio mondo, ma spero anche che non succeda mai il contrario.
I hate: Odio le persone insistenti. Odio vincere, dimostrare, essere al centro dell'attenzione. Odio le feste, odio i cambiamenti e le cose impersonali. Odio lavarmi le mani con il sapone e odio il rumore dell'aspirapolvere.
I love: Amo ascoltare musica al buio, amo guardare la pioggia cadere sui finestrini delle macchine parcheggiate, amo le città all'alba quando tutto è vuoto e silenzioso e la luce è strana. Amo il cappello da cacciatore di Holden.
I miss: Mi manca ridere delle pubblicità in tv, a volte.
I fear: Ho paura delle statue, e dei coltelli. Ho paura di dormire quando ho brutti pensieri in testa. Ho paura di essere fraintesa, ho paura che qualcuno mi veda con i miei occhi, ho paura di aver paura di troppe cose.
I hear: Ascolto la musicalità delle poesie,nella mia testa, mentre le leggo.
I wonder: Mi chiedo "Perché realizzare un'opera quando è così bello sognarla soltanto?".
I regret: Mi spiace di non esser sempre stata trasparente.
I am not: Non sono ottimista, e nemmeno coerente.
I dance: Io non ballo mai, ma cammino a ritmo di musica e saltello fra le mattonelle dei marciapiedi.
I sing: Io canto i Sigur Ros, anche se non capisco le parole.
I cry: Piango. Da sobria e da ubriaca, da sola e con gli altri. Di rabbia, di tristezza, di gioia.
I am not always: Non sono sempre arrabbiata come tanti dicono.
I make: Io faccio i disegni e li appendo per casa. Faccio la doccia in 2 minuti. Faccio ridere. Faccio parte di un mondo che non mi piace. Faccio parte anche del mio mondo, e quello a volte mi piace.
I write: Io scrivo sul tavolo, scrivo seduta per terra, scrivo sempre, anche solo nella mia testa. Scrivo con le matite e con i pennarelli da cd. Scrivo sempre sulla neve, quando ce n'è abbastanza.
I confuse: Confondo ciò che è razionale e ciò che non lo è.
I need: Ho bisogno di tanto caffè per mantenere il buon umore.
I should: Potrei sforzarmi di cambiare tante cose.
I start: Inizio gli Yogurt ma difficilmente li finisco.
I finish: Finisco di leggere solo i libri che mi piacciono

Archive: Maggio 2006

Giovedì 4 maggio 2006: Svenska Filminstitut
Qualche anno fa, studiando un esame di storia del cinema, passavo i pomeriggi a vedere i vari film in programma.Quel pomeriggio c'era "Il posto delle fragole" di Bergman.Non conoscevo Bergman.Fu amore a prima vista.Tanto che tuttora, quello, è il film che preferisco, anche ovviamente per motivi affettivi.L'anno dopo andai in Svezia, a Stoccolma.Fu amore a prima vista anche con quella città, i suoi ponti, il mare, il suo silenzio e i suoi splendidi occhi azzurri.Trovammo un appartamentino con le sedie rosse, vicino Karlaplan, e con un'enorme finestra che dava sulla strada.La via che costeggiava il palazzo era grande, e c'era un bar con una deliziosa ragazza svedese, sorridente e bionda, che faceva un caffè buono, e vendeva delle pastine alla crema e marmellata che ancora mi sogno la notte.Quando entravo sorrideva, diceva "Hej", e tentava di capire il mio inglese tentennante.Fu amore a prima vista anche con lei.Un pomeriggio, forse al ritorno da un giro per la città, ci trovammo a passeggiare verso la fine del grande viale che costeggiava la nostra casa, non ricordo se a tempo perso o cercando qualcosa in particolare.Ricordo che dissi "inutile che continuiamo da questa parte, pare di finire in campagna e non c'è un cazzo.".E Stoccolma volle smentirmi e stupirmi, in un modo che difficilmente dimenticherò, perché mi fece trovare davanti lo Svenska Filminstitutet, quello Svenska Filminstitutet di cui leggevo da mesi nei titoli dei film di Bergman, e che ricordavo come tanti nomi di attori un poco strani.Volle stupirmi e farmi felice, e lo fece così, all'improvviso, silenziosa, con un edificio di per se' brutto e anonimo, che mi lasciò per un attimo senza parole.Quella sera ci vidi anche un film. Davano "Psycho" di Hitchcock, in lingua originale.Per vedere i film bisognava fare una tessera che costava non ricordo quante corone, e ricordo che dissi alla tizia dei biglietti che ok, non c'era problema, avrei anche pagato per la tessera.In realtà, io la volevo la tessera dello Svenska Filminstitutet, per una sorta di mania feticista, ma la volevo.La tizia fu gentile (dal suo punto di vista) e vedendomi così appassionata ci fece entrare senza tessera.In realtà, io la volevo quella tessera.Il giorno dopo ci tornai.A dire il vero non c'era granché, in quel grosso edificio anonimo.Un negozio che vendeva vhs e dvd, dove comprai un libro su Max von Sydow.Una biblioteca dove girai per un po' con la bava alla bocca.E quello strano clima che avvolge i posti sacri, ma quello era nella mia testa più che nell'enorme edificio anonimo.Anonimo.Ma è una delle più belle sorprese che Stoccolma mi abbia fatto, senza nemmeno che osassi chiedergliela.E questo è il motivo, per rispondere a chi me lo ha chiesto, per cui lo tengo fra i miei link.

Lunedì 8 maggio 2006: Caro mondo..
..io mi sono stancata.E non capisco, no, a volte proprio non capisco.La logica del "dato di fatto" spopola e non mi riesce di trasportarla lassù, fra le nuvole, dove ciondola la mia testa.Non è la prima volta che ti sento parlare di fatti, mondo.Non è la prima volta che i miei fatti sono in disaccordo coi tuoi concetti di coerenza, onestà, lealtà, amicizia, amore, varie ed eventuali.E non è la prima volta che mi accusi di rappresentare la categoria opposta a tutte le splendide falsissime categorie sovrastanti.Ti dirò, mondo, che spesso anche i miei pensieri sono in disaccordo con quanto mi prospetti.Il problema è soltanto che tu, troppo spesso, pretendi che il mio comportamento si adatti.E a me non riesce troppo bene.Vorrei che mi riuscisse, se devo esser sincera, ma pare che conti poco, non mi riesce.Dico che mi sono stancata, ma in realtà non mi riesce nemmeno di arrabbiarmi.Perché alla fine ce la fai, a farmi sentire in colpa.Ti ringrazio perché sai scegliere sempre i momenti migliori, e quando cerco di spiegarti hai pazienza e ti fidi sempre.Scusa l'ironia.



Mercoledì 17 maggio 2006: I don’t use chairs
Ho voglia di sedermi sul pavimento, e disegnare, bevendo una tazza enorme di caffè.Di sedermi su un tavolo, di fianco alla finestra, e di fumare una sigaretta mentre fuori piove.Di sedermi a gambe incrociate nel parco a leggere un libro, all'ombra di un albero.Di sedermi sulla riva del fiume ad osservare le barche che passeggiano stanche.Di sedermi sul letto, con qualcuno, a mangiare biscotti.Di sedermi in macchina e guidare, guidare, guidare finché non sono stanca.Di sedermi sotto il portico in piazza S. Stefano, in un fresco pomeriggio di agosto, e pensare a quant'è bella la mia città quando è vuota.Di sedermi sulla valigia in un treno affollato.Di sedermi sull'altalena che c'era in giardino quando ero bambina.Di sedermi sulla collinetta a guardare le stelle in una sera in cui fa troppo caldo, e non c'è vento.Di sedermi in mezzo alla strada, e chiacchierare per qualche minuto.Di sedermi su una poltrona, e addormentarmi.Ma le sedie, quelle non me le nominate nemmeno, adesso.

Giovedì 25 maggio 2006: Home, sweet home
Se vincessi al superenalotto, mi comprerei una casa.
La mia casa ideale dovrebbe essere più o meno così:
-innanzitutto dovrebbe chiamarsi "hem" o "hus", perché sarebbe in Svezia;
-dovrebbe essere una mansarda, con il soffitto inclinato e una finestra da cui vedere i tetti di Parigi;
-dovrebbe essere un monolocale, perché adoro i monolocali e odio le case grandi;
-dovrebbe avere solo finestre;
-dovrebbe avere anche un tavolo sotto una delle finestre, su cui potrei sedermi per guardare fuori;
-dovrebbe avere l'erba sul tetto, come le casette nordiche;
-dovrebbe essere rossa, all'esterno. Rosso scuro;
-dovrebbe avere due sedie di legno, anch'esse rosse, attorno al tavolo;
-dovrebbe avere una teiera blu in cucina;-dovrebbe distare non più di 20 minuti a piedi dal centro di Bologna, pur essendo in Svezia e pur affacciandosi sui tetti parigini;
-dovrebbe avere un letto grande;
-dovrebbe avere la tv appoggiata per terra;
-dovrebbe avere quelle piastre elettriche per cucinare, che formano il tondino rosso quando sono accese perché mi piace il tondino rosso quando sono accese;
-dovrebbe avere i fornelli a gas perché odio cucinare con le piastre elettriche anche se il tondino rosso è bello;
-dovrebbe avere un soffitto completamente di vetro, trasparente;
-dovrebbe essere colorata;
-dovrebbero esserci tante candele, tante matite, tante tazze grandi da caffè lungo lungo;
-dovrebbe avere libri sparsi per tutto il pavimento;
-dovrebbe avere un balcone, accessibile solamente da una finestra, perché odio le porte-finestra;
-dovrebbe aprirsi con una di quelle chiavi lunghissime e pesanti;
-dovrebbe essere possibile scrivere e disegnare ovunque, sui muri, sul frigorifero, sul tavolo, sulle finestre;
-dovrebbe esserci sempre odore di caffè;
-dovrebbe avere il mio nome scritto in amarico sul campanello.
Vado a giocare al superenalotto.

Archive: Aprile 2006



Giovedì 13 aprile 2006: Fuck-furt
Oggi mi sento così..Non ho voglia di dire nulla, ma avrei voglia di questa luce azzurra e di quelle luci colorate, là sotto.

Domenica 30 aprile 2006: The strange case of Dr. Jekyll and Mr. Hyde
Quando frequentavo il liceo, facevo schifo nelle materie scientifiche.E frequentavo un liceo scientifico, chiaramente.E sapevo a memoria l'inizio latino dell'Eneide, ma non capivo cosa fosse un logaritmo.Potevo sbizzarrirmi in un tema sul romanticismo in Leopardi, ma non avrei saputo tirar fuori più di tre parole sul moto del pendolo.Eppure.Passavo pomeriggi interi "giocando" a disegnare su un foglio le configurazioni elettroniche dei vari elementi.Spiegavo ai compagni di classe il moto della terra attorno al sole, della luna attorno alla terra, facendoli girare tutti uno intorno all'altro come faceva mia mamma coi suoi allievi.Sezionavo i sassi rompendoli sull'asfalto, perché dentro ci trovavo un mondo meraviglioso.Raccoglievo l'acqua dello stagno che abbiamo in campagna per poterla esaminare a scuola al microscopio e trovarci i parameci.Imparavo a memoria con una facilità mostruosa enormi quantità di formule chimiche o nomi scientifici di insetti.Contestavo la professoressa di religione in nome di un sapere scientifico che cozzava con il mondo creato da Dio e doveva relegare la religione stessa al ruolo di superstizione.C'è un qualcosa di affascinante in un mondo scientifico che sembra sempre più lontano e complesso di quanto non sia.E quando mi ritrovo a studiare, leggere, parlare di qualcosa che esce dalle dinamiche di guerra, dalle interpretazioni filosofiche, dallo studio critico di un testo letterario, da qualsiasi cosa che si possa definire "il mio campo", e vedo quanto sia ancora possibile che io mi ricordi, dopo un centinaio di pagine, il nome di una decina di artropodi fossili scomparsi da milioni di anni, e quanto questo continui a stupirmi, mi chiedo se tutto ciò non avesse potuto pretendere un minimo di incentivo in più, da parte mia.Ma forse è così bello e affascinante proprio finché si riesce ad avvicinarlo con questo atteggiamento da "fanciullino".

Archive: Marzo 2006

Mercoledì 15 marzo 2006: So long, farewell, auf wiedersehen, good night
Io non sono mai stata brava con i cambiamenti.Mi pesano. Sempre.Mi pesava anche finire la scuola, in un certo senso. Ogni giugno.E mi pesava l’idea di partire per le vacanze, di cambiare quella routine che odiavo, mi pesavano le giornate lunghe, il sole, il caldo che non era ancora così caldo.E mi rallegravo solo alla prima sera in cui mi trovavo costretta ad indossare una felpa, perché fuori l’aria era fresca e il vento sembrava pronto a trascinare con se’ il nuovo autunno, le foglie secche, il grigio e la pioggia. E quella routine che odiavo.Io credo di amarla, in fondo.Perché non sono mai stata brava con i cambiamenti.E vedere questa camera svuotarsi pian piano di quel poco di mio che le avevo concesso mi fa quasi piacere.Ho buttato quella lettera che avevo scritto, perché sapevo che non sarebbe mai giunta a destinazione.Ma c’era un pezzo di quello che sto pensando ora, e non credo di saperlo rendere a parole nuovamente.Avrei voglia di chiacchierare per ore allo stesso modo in cui scrivo.E delle stesse cose di cui scrivo.Avrei voglia di parlare, senza avere la sensazione di non farlo realmente.Avrei voglia di ripetermi, senza la sensazione di avere già detto. Parlare, solo quello.E stare in silenzio, dopo, anche solo per qualche minuto.Musica.Tazza di tè, bollente.E dissolvenza in nero.

Domenica 26 marzo 2006: Sunday bloody sunday
Mi sono svegliata alle 8 scoprendo che in realtà erano già le 9, e una prima ora di studio l'ho persa così.Nelle restanti 6-7 ore sono riuscita nell'impresa di leggere una 30ina di pagine.Però posso comunicare fieramente di aver anche:
-lavato quintali di verdura che mia mamma voleva cucinare per pranzo;
-portato fuori il cane 4 volte perché secondo mia madre "voleva uscire";
-spiegato, sempre a mia madre, che devo studiare perché ho un esame, guadagnando il suo appoggio, tanti "scusa", ma nessuna significativa diminuzione delle sue interruzioni;
-letto ripetutamente 4-5 ricette diverse a mia madre, tragicamente indecisa su come cucinare quel maledetto cavolo;
-avuto parte significativa nel travasare l'olio dal comodissimo bottiglione in cui si trovava, al bellissimo quanto scomodo nuovo recipiente in ceramica bianca appositamente comprato da mio padre;
-risposto al telefono una decina di volte;
-apparecchiato la tavola per il gioioso pranzo domenicale tutti insieme;
-sparecchiato la tavola dopo il gioioso pranzo domenicale tutti insieme;
-sistemato i piatti nella lavastoviglie con la stessa gioia con cui ho partecipato al suddetto pranzo domenicale;
-lavato a mano quelli che non ci entravano data l'abbondanza del gioioso pranzo;
-accompagnato mio padre a prendere un caffè al bar da portare a mia madre, interminabile viaggio durante il quale ho ascoltato con interesse le sue raccomandazioni ad esporre la mia cadaverica faccia ai primi raggi di sole;
-meditato su soluzioni alternative all'omicidio volontario plurimo.
Uno dei valori portanti della nostra società è la famiglia.

Archive: Febbraio 2006

Lunedì 6 febbraio 2006: Change here for tram lines 11 and 17
Sono quasi le 2.Di notte.Ho lavato i miei vestiti, e mentre aspettavo ho letto 23 pagine in tedesco, in un'ora, senza mai toccare il dizionario.No, non sono un supereroe, ho capito poco, ma il senso generale, quello si, tutto qua dentro.Ho poco tempo.Devo dormire, mangiare, studiare.E ho come la sensazione che le prime due, per ora, possano aspettare. Triste sensazione, sono d'accordo.Ma il problema non è nemmeno questo.Sono partita a fine agosto, 900 km in macchina, Italia, Svizzera, pomeriggio a Lucerna, gelato e passeggiata su un ponticello di legno finto, ma quell'acqua azzurra là sotto, di quell'azzurro che hanno solo gli svizzeri, quella compensava da sola qualsiasi tentativo di restauro mal riuscito, Germania, autostrada e auto che sfrecciano ordinate, notte a Karlsruhe dove più persone giurano d'aver visto parchi e castelli, ma io giuro con altrettanta convinzione di aver visto solo desolazione, case vuote e un albergo pure bruttino.Tutto questo per giungere a Frankfurt in un misto di eccitazione, tristezza, sonnolenza alle 10 del mattino dopo.Era un po' più bella di ora, Frankfurt.C'era il sole che l'accarezzava, c'erano quei grattacieli un po' meno cupi, c'era il caffè che ancora non mi dava la nausea, c'erano i tedeschi che parlavano una lingua incomprensibile, c'erano i tram con i finestrini grandi da cui vedevi scorrere una città che sì, era più bella di adesso.C'era il corso di tedesco alle 9, c'era Giovanna con le sue paranoie buffe, c'era Anthony che ripeteva "trentatrè trentini" e mi scroccava le sigarette in cambio di un paio di quadretti di cioccolata, c'era quella buffa polacca che somigliava alla bambina-psycho-killer di Finding Nemo.E svegliarsi alle 7 per lavorare alla Buchmesse, e quella sensazione di fare qualcosa di bello ed importante anche quando, in realtà, stavo solo ferma lì, a distribuire biglietti da visita, a prendere appunti per terzi, ad indicare alle vecchiette tedesche lo stand del vaticano.E c'era il Campus Westend che mi angosciava ogni volta che ci mettevo piede.Ecco.Io vorrei capire dove cavolo è andata questa Frankfurt, perché ora ci sono solo una stanza che non è la mia, due coinquiline che non conosco, libri che non capisco.Ora sono assuefatta al campus westend. E persino i finestrini dei tram, posso giurarci, sono più piccoli.

Lunedì 13 febbraio 2006: Deutschland Deutschland über alles
Sehr geehrte Frau -miocognome-, hiermit teile ich Ihnen mit, daß ich Sie am 1. III. 2006 nicht über meine Vorlesung "Europäische Geschichte im 15. Jh." prüfen werde, da Sie diese nicht bzw. allenfalls unregelmäßig besucht haben: Bei drei Präsenzkontrollen waren Sie nie anwesend. Professor Epple als zuständiger Erasmus-Beauf- tragter ist hierüber von mir unterrichtet worden. Mit freundlichem Gruß Prof. Dr. -suonomeecognome-

Non traduco, tanto chi ha qualche contatto con me sa già di che parlo.La mia massima aspirazione resta tuttavia rispondergli per suggerirgli cosa farci, col suo freundlicher Gruss.

Domenica 26 febbraio 2006: Piccola serenata notturna in Sol maggiore
Ieri notte ho letto un libro.Eric-Emmanuel Schmitt, di cui ancora non riesco a capire l’anima, che ancora sta in sospeso nella mia mente fra le categorie di grande-affabulatore-per-pubblico-dai-buoni-sentimenti e di buon-pensatore.Di persona che sa vendere straordinariamente bene quel che non ha o, al contrario, che vende parzialmente male parecchie delle cose che ha.Ma è difficile accontentarmi, si sa.Ho letto "La mia storia con Mozart" (dal titolo decisamente più leggiadro in quella dolce lingua francese, dove suona come "Ma vie avec Mozart"). Non avevo il cd abbinato, e temo che questo abbia fatto parecchio la differenza.Quantomeno perché, se su Schmitt ho ancora parecchie riserve, nulle sono quelle che ho nei confronti di Mozart.Avrebbe aiutato a creare una situazione di partecipazione maggiore, di immedesimazione, o ad aumentare la concentrazione, merito che pare vada attribuito fra gli altri al caro Mozart.Fatto sta.Non mi è piaciuto particolarmente, ma mi sono piaciuti alcuni spunti, parecchie riflessioni, che ho fatto mie, alla fine.Perché sono riflessioni mie, anche.E perché, siccome mi sembrerebbe esagerato attribuire questa corrispondenza ad una particolare affinità di pensiero fra me e Schmitt, presumo siano più comuni di quanto io, spesso, non immagini.La gente non parla.Io stessa non parlo, quasi mai.La gente appare sempre così, ignorante, serena, soddisfatta, rassegnata, innocente.Probabilmente non lo è, ma, dall’alto della Sofferenza, riesce difficile pensare che sia tutto così dannatamente banale e palese per tutti.Non c’è niente di speciale, o eroico.Strano essere, quello umano.Dal suo immenso bisogno di consolazione, trae soltanto un dannato senso di superiorità, frustrazione, solitudine.E’ unico nel suo soffrire.E’ più profondo nel suo pensiero.Ma è solo.E non vorrebbe esserlo, e si erge a quello stato in cui la schiettezza finisce per essere falsità, per dire che sì, lui le invidia quelle persone felici, ignoranti e innocenti, ma non gli è dato di essere come loro.La verità è che io non so più cosa ci sia di vero, in tutto questo.Ma sia chiaro, Schmitt non c’entra, questi sono tutti tragici viaggi della mia mente superiore in un mondo maledettamente felice e che non mi capisce.Stupida razza, quella umana.

Archive: Dicembre 2005

Venerdì 2 dicembre 2005
Ho quell'orribile sensazione di avere mille cose da fare, e di possedere il tempo per farne soltanto un paio. Mentre mi sforzo di organizzare un modello prioritario che tenga conto di tutte le scadenze, della loro importanza, del freddo, dei soldi, della mia poca dedizione al lavoro, del caffè, della spesa, della bibliografia, delle email a cui devo rispondere, della stanza da sistemare, dei testi da leggere, dei vestiti da lavare.. mentre tutto ciò si affaccia a ricordarmi che *devo* muovermi *ora*....bevo caffè, a sorsi, con olimpica calma.E vorrei solo lanciarmi nella lettura piacevole della tesi di Pasolini, che, purtroppo, credo dovrà attendere ancora un po' prima di decollare.Fuori dalla finestra -2 gradi e un cielo coperto di foschia azzurrognola.In questa settimana ho capito quanto stupido possa essere qua, a volte, il sistema universitario, e quanto impossibile sia imporre il buon senso sulle teutoniche regole. E non nevica, ancora.

Giovedì 8 dicembre 2005
Yes, indeed.

Martedì 20 dicembre 2005: Welcome back
Ieri sono partita da un'infernale bufera di neve, vento, e quel grigio che io amo.Per salire sù, al di là di tutto, e volare dolcemente sopra nuvole di ghiaccio, immerse in un cielo azzurro da star male.Ho quasi toccato il sole, e la sua luce bussava contro il finestrino, e vinceva, e dava quasi fastidio tanto era perfetta.E quell'enorme distesa di ghiaccio ha lasciato il posto ad un cielo dai colori mai visti.Non era nessuna tonalità umanamente descrivibile.E l'azzurro era sempre più scuro, era scuro, infine, in uno scenario apocalittico.Buio. E quella striscia rosa all'orizzonte.Ma non era rosa.Non era nessuna tonalità di rosa umanamente descrivibile.E le luci, in basso, quelle luci che di solito sembrano uno spettacolo da lassù, quelle luci che ti incanti a guardare.. Beh, quelle luci valevano quanto qualsiasi cosa da noi creata.E la mia Bologna non finirà mai di piacermi, di stupirmi, di mancarmi.

Sometimes I feel
Like I don't have a partner
Sometimes I feel
Like my only friend
Is the city I live in
The city of angels
Lonely as I am
Together we cry
I drive on her streets
'Cause she's my companion
I walk through her hills
'Cause she knows who I am
She sees my good deeds
And she kisses me windy
I never worry
Now that is a lie
I don't ever want to feel
Like I did that day
Take me to the place I love
Take me all the way
It's hard to believe
That there's nobody out there
It's hard to believe
That I'm all alone
At least I have her love
The city she loves me
Lonely as I am
Together we cry

and so on..

Domenica 25 dicembre: And this is why I hate christmas as well..
Partiamo dal fatto che mi sento male, anche fisicamente.Mi arrivano in continuazione sms di auguri, auguri a tutti noi, auguri preconfezionati, auguri in carta riciclata, auguri, auguri, auguri.E non capisco dove stia per voi il senso, in tutto ciò.Ho mangiato a forza, perché a natale se non mangi è peggio che digiunare tutto il resto dell'anno.Mia mamma è in preda a deliri di onnipotenza culinaria.Vorrei dormire.Devo fare gli auguri ai parenti.Non esistono più i regali di natale.Non nevica.In tv c'è Ratzinger, e una moltitudine informe che lo applaude ed esulta come fosse una partita di calcio.Frustrazione per tutto il genere umano.

Archive: Novembre 2005

Venerdì 4 novembre 2005: Cookies
Cominciano a delinearsi i pro e i contro.Innanzitutto, il lavoro alla Buchmesse: meraviglioso. Anche se non ho visto nulla della fiera, anche se sono rimasta piantata allo stand per 5 giorni, anche se ho riempito da sola 10 scatoloni di libri e ho aspettato invano per ore che venissero a ritirarli, anche s i primi giorni avevo la febbre e il raffreddore, anche se. Meravigliosi i libri che avevamo, meraviglioso svegliarsi alle 7 del mattino e tornare a casa distrutta alle 7 di sera, meraviglioso entrare insieme a tutta quella gente incravattata e ben vestita, meraviglioso essere tornata a casa con parecchi libri regalati, meraviglioso.Le due settimane di lezione, invece, sono volate, e mi sento già indietro, e devo passare il fine settimana a leggere Platone e Poe. Non ho ancora capito quanti crediti mi diano per ogni esame e sarà bene che lo capisca presto.Il seminario di Busch è stupendo, e il mio unico rammarico è non avere abbastanza conoscenza della lingua per poter partecipare in modo attivo. Ma mi piace. Un sacco.Oggi è venerdì e non ho lezione. Piove, da un paio d'ore, e c'è talmente tanta nebbia che non si vede la cima dell'Europa Turm. Mi sembra un po' domenica, alla tv ci sono un sacco di telefilm americani doppiati orribilmente in tedesco, mi sono svegliata tardi e so di non avere nulla da fare. Domenica, appunto.E ora mi vesto, prendo il tram, e arrivo a Sachsenhausen, a comprare quei biscotti buonissimi in Schweizerstrasse, e a passeggiare fra quelle stradine fumose piene di bar, di negozi particolari, di casupole che ricordano quasi un'altra Germania. Con quest'aria fredda e umida che tanto mi piace. Non è la mia Bologna "avvolgente e bella come non mai" (Lori, chissà se leggerai, ma quanta nostalgia mi hai messo con questa frase..), ma con un po' di fantasia arriva ad assomigliarci. E per fortuna i viaggi con la fantasia sono una delle mie specialità.

Sabato 5 novembre 2005: I love..
..le candele
i sigur ros
il rumore delle foglie secche sotto le scarpe
le giornate umide e grigie
il riso
i ponti di stoccolma
gli orsi
la storia
goodbye lenin
Andrea
i biscotti durissimi che faceva mia nonna
il caffè
gli abbracci
la luce dei lampioni riflessa sulla neve
il cappello da cacciatore del giovane holden
dostoevskij
il miele
cathy and heathcliff
bergman
la boriola di elia
quackless
il ticchettìo della pioggia
la barba del mio papi
..il mio cane

Sabato 5 novembre 2005: Frankfurter Herbst
Oggi qui a Krankfurt c'è un'arietta frizzante.Il sole ti guarda beffardo da lontano, illuminando a tratti la strada, le foglie gialle a terra e le persone infreddolite avvolte con cura nelle loro sciarpe.In lontananza, dal balcone, si può scorgere il treno, ogni tanto, correre rosso attraverso quello che da lassù pare un fitto mare di alberi spogli.L'aria tersa rende più evidente quel freddo che pareva non voler arrivare.Niente nebbia, niente pioggia, solo un paio di grosse nuvole grigie che non lasciano spazio all'azzurro del cielo. Puoi vederlo, se ci fai caso, perché non riescono a coprirlo tutto. Ma puoi anche non farci caso, perché non è lui il protagonista delle giornate autunnali.Oggi qui a Bankfurt c'è bisogno dei guanti, perché il calore donato alle tue mani dal tepore casalingo svanisce subito al contatto con l'esterno.Se apri la finestra senti l'aria entrare, muoversi e riempire la stanza in poco tempo.E c'è più soddisfazione a bere un tè caldo, guardando fuori, e poi dentro, e poi fuori.Il buio è sceso in fretta, e mi è quasi dispiaciuto.Le luci rosa e artificiali dell'Europaturm non reggono il confronto con quella luce pallida, fredda, ma così semplicemente bella, anche se filtrata da un grigio insistente.Oggi, Frankfurt, era un po' più bella del solito, nel suo freddo vestito invernale.

Domenica 13 novembre 2005: Adventskalender (that’s why I love christmas)
Quando ero bambina io c’erano i calendari dell’avvento.C’erano a casa mia, s’intende.Da quelli con le finestrelle che si aprivano su svariata iconografia religiosa, a quelli con lucine fioche e disegni natalizi, a quelli ben più graditi le cui finestre nascondevano venticinque cioccolatini, e che consentivano al Natale di arrivare con almeno dieci giorni di anticipo perché il 15 di dicembre erano già tutti finiti, e le finestrelle rigorosamente aperte e spoglie.Ogni anno, finché non ho avuto un’età che mi rendesse capace di discernere il vero dal falso, mio padre si calava nei panni di Babbo Natale. Ma non in maniera tradizionale, no, mio padre non si vestiva da Babbo Natale. Era una sorta di gioco fra noi, sottile da parte sua, realtà da parte mia. Mi raccontava che Babbo Natale, dalla lontana Finlandia arrivava fino da noi stanco ed affamato, e che sicuramente avrebbe gradito rifocillarsi un po’. Gli lasciavo sempre un bicchiere di latte. E lui mi lasciava un biglietto scritto in quel poco di italiano che conosceva, che recitava più o meno "Krazie del bon late, Babo Natale". Un anno, regalarono a mio fratello un camioncino sorridente, che rispondeva al richiamo di "George!!", e correva verso di te. Diventammo pazzi, entrambi. Chissà che fine ha fatto, George. Probabilmente qualche cugino/nipote/figlio di parenti o amici ci ha giocato fino a romperlo, o fino a che non ha pensato di regalarlo e proseguire la catena. Ma dubito che anche uno qualsiasi di questi cugini lo ricordi con nostalgia come faccio io ora.C’era il carbone dolce, e c’erano le passeggiate al mercatino di Santa Lucia, c’era mia nonna con quell’albero finto e striminzito, a cui bastava spiegare un po’ i rametti plasticosi perché tentasse, con tutta la poca forza che aveva, di comunicarti sensazioni di festa, come era suo dovere. E lo fa ancora, e a tutt’oggi io lo preferisco a tanti alberi belli, grandi, luminosi ed addobbati. E c'erano le passeggiate a cercare il muschio da appoggiare sul presepe, e c’era quella sensazione che, in fondo, il presepe fosse una di quelle cose che non c’entrano nulla col natale.C’erano i regali di mia zia, che rigorosamente finivano nell’armadio per essere indossati l’anno successivo, a Natale.E la neve, e quel freddo pungente, e la sensazione di essere grande nel far credere a mio fratello piccolo che Babbo Natale esistesse davvero. C’erano tutte queste cose, e dire che si sono perse sarebbe falso e fuorviante.Questo per tutti quelli che mi dicono con disgusto che Natale è una merda perché è una festa commerciale, perché è la festa dell’ipocrisia, perché un conto è se credi in dio, ma altrimenti è tutta fuffa.Io in dio non ci credo, eppure a Babbo Natale piaceva il latte, e questo bastava.

Mercoledì 16 novembre 2005: Termin mit Professor Epple
"Sehr geherte Giulia,entsprechend unserem Gespräch von heute habe ich mit Prof. Epple einen Termin für Sie für den Mittwoch 16. November um 12:30 vereinbart. Mit freundlichen Grüßen"
scriveva Judit Delombre, la segretaria, a meno di un’ora dal suddetto colloquio. Efficienza teutonica, anche se Frau Delombre è stata catapultata in quel di Frankfurt dall’aggraziata terra francese. Ti presenti allora in un cupo mattino palesemente tedesco, all’ufficio di Herr Epple, con in mano una documentazione che sfiora livelli decisamente eccessivi di lunghezza, e che pecca peraltro in chiarezza.
Tu *bussando*: "Posso?"
Frau Delombre *cercando di camuffare l’accento francese*: "Prego, lei è qui per il professor Epple?"
Tu: "Esattamente."
Frau D. *liberando una sedia dai numerosi incartamenti poggiati sopra*: "Può sedersi e aspettare un attimo, il professore è ancora occupato."
Ti siedi.
Guardi intorno.
Dalla finestra si scorgono i soliti grattacieli, e un cielo dalle nuvole stanche. Fa caldo, dentro. Frau Delombre è intenta nella correzione di un testo francese di cui non riesci a leggere che qualche riga. Profumo di caffè in tutta la stanza.Passano cinque minuti, al termine dei quali Frau Delombre, dimostrando di aver appreso in pieno i rudimenti dell’etica tedesca, si alza e bussa alla porta di Herr Epple. Sono esattamente le 12.30.Parlotta confusamente, si volta, e ti fa segno di entrare.
Tu *entrando nella stanza*: "Buongiorno."
Herr Epple siede alla sua scrivania, gli occhi risucchiati dal monitor del computer, tenendoti la schiena. Non proferisce parola.Ti porti lentamente vicino alla finestra, lo guardi mentre tenta invano di staccare gli occhi da quel monitor, ma senza esito positivo.
Tu *schiarendoti la voce*: "Herr Epple?"
Herr Epple *richiamato improvvisamente all’altro mondo e un po’ spaesato*: "Si, buongiorno, prego, si sieda." E indica una sedia.
Herr Epple *ormai ritornato al nostro mondo*: "Cosa posso fare per lei?"
Tu *come recitando per l’ennesima volta la preghiera che speri possa portare ad una totale assoluzione*: "Sono una studentessa erasmus –segue monologo confuso alternato da pause di riflessione/ricerca di improponibili termini da 7 parole in una nel groviglio della tua mente, che può felicemente essere riassunto in: quanti cavolo di crediti posso avere per un maledetto seminario?".
Il monologo dura circa 5 minuti, comprese le pause.
Herr Epple ascolta muovendo il sopracciglio.
Pensa.
Poi dice *serafico*: "Questo, con precisione, non glielo so dire."
……
Tu *raccogliendo da terra tutto il tuo autocontrollo*: "Quindi?"
Herr Epple si alza, corre ad uno scaffale, estrae un grosso fascicolo polveroso, lo appoggia sul tavolo, cerca ansiosamente per qualche minuto. Torna e pronuncia la sua sentenza, perentorio: "Proseminar 8 crediti, Vorlesung 2 crediti, Ubung 3 crediti."
Ti guarda con soddisfazione.
Lo guardi con odio.
Rinunci a chiedere spiegazioni più dettagliate, ma azzardi un: "Vale per tutti i Proseminar e le Vorlesung?"
Herr Epple *confuso*: "No. Solo per quelle di storia."
Tu *terribilmente avvilita*: "E, per le altre, a chi posso chiedere?"
Herr Epple si illumina, sorride, corre verso il computer blaterando qualcosa, e si rituffa nel monitor. Resta lì dentro qualche minuto. Poi esce, sempre più soddisfatto e sentenzia *indicando lo schermo*: "Professor Raykowsky. Vuole il numero di telefono? Su internet lo trova, vede?"
Scrivi il nome del professore, rispondendo con un cortese: "No, la ringrazio."
Herr Epple si stacca dal monitor, per congedarsi dopo aver assolto il suo dovere. Si avvicina, getta uno sguardo al foglio dove stavi scrivendo, coglie l’errore fatale, e non riesce a non correggerlo: "RaYkowsky, con la Y, non con la I.".
Si sente al culmine della giornata.
Correggi, sconsolata, saluti garbatamente e ti dirigi verso la porta, mentre lui, fluttuando in una bolla di sapone, saluta: "Arrivederci, buona giornata, quando ha fatto tutto, a fine anno, torni da me che formalizziamo la cosa!"
Apri la porta, e la richiudi alle tue spalle.
Nella stanza, Judit Delombre, è ancora intenta a correggere quel testo in francese.

Archive: Ottobre 2005

Giovedì 13 ottobre 2005: Sprechen Sie Deutsch?
Ho passato una settimana a Bologna, durante la quale mi sono chiesta più volte che cavolo ci faccio qui, a Francoforte.E poi sono tornata indietro, con un viaggio estenuante e tante persone in testa con cui passerei volentieri tanti momenti, questi momenti, questo momento.Qua a Francoforte io mi diverto.Il problema è che non ho mai fatto del divertimento il centro della mia vita. O almeno questo tipo di divertimento, che peraltro non snobbo, ma che non mi lascia veramente un cazzo, al di là del sorriso di un minuto.Questo erasmus è comodo per chi fa della banalità il proprio pane quotidiano. Allora la lingua, la scarsa conoscenza, la diversità.. non fanno la differenza.Ma che dire, non mi basta.Sono abituata a usare la mia lingua per comunicare cose più profonde della qualità della birra, sono abituata a giocare con le parole, sono abituata a ironizzare e confondere le persone per gioco, sono abituata a saper usare le parole per avere l'effetto che preferisco.In tedesco tutto ciò mi è impossibile.Può darsi che verrà, col tempo, ed è uno dei pochi motivi per cui sono di nuovo qua.Ma questo ruolo di banalità e limitatezza non mi s'addice.E detesto quando ciò succede per colpa mia, e non degli altri.Detesto non essere padrona di ciò che voglio dire.E pensare che c'è gente che questo problema nemmeno se lo pone.. e io, un po', li invidio.

Mercoledì 26 ottobre 2005: Campus westend 2 (vedere per credere)
Ho latitato causa troppo lavoro/influenza/scarsa ispirazione.La fiera del libro è partita male ma è finita una meraviglia, anche se domenica sera letteralmente non mi reggevo in piedi e vaneggiavo. Ho un bottino considerevole di libri in italiano e questo mi rende particolarmente gioiosa.Ho seguito la prima lezione di storia della filosofia, e non vi annoio oltre con la cronaca, anche perché l'ho già ampiamente raccontata in giro, e volendo essere pignoli c'è poco da raccontare. Domani inizio un altro corso di tedesco, spero più funzionale del primo. La mia teoria di riempire a caso gli spazi nel test ha dato i suoi frutti, dato che sono nel corso avanzato. Qua continuano a suddividere i corsi testando la mia grammatica. Si vede che, secondo loro, funziona.Lascio per ultima questa chicca che ho scoperto con Ale l'altra sera, così potete vedere con i vostri occhi la clinica.. ehm.. l'università dove faccio lezione (attendo con ansia qualche vostro commento al riguardo): http://www.uni-frankfurt.de/studium/filme/fi-westend-01.html
Auf wiedersehen.

Sabato 29 ottobre 2005: La pioggia nel pineto
"Taci. Su le soglie
del bosco non odo
parole che dici
umane; ma odo
parole più nuove
che parlano gocciole e foglie
lontane.
Ascolta. Piove
dalle nuvole sparse.
Piove su le tamerici
salmastre ed arse,
piove sui pini
scagliosi ed irti,
piove su i mirti
divini,
su le ginestre fulgenti
di fiori accolti,
su i ginepri folti
di coccole aulenti,
piove su i nostri volti
silvani,
piove su le nostre mani
ignude,
su i nostri vestimenti
leggeri,
su i freschi pensieri
che l'anima schiude
novella,
su la favola bella
che ieri
t'illuse, che oggi m'illude,
o Ermione.
Odi? La pioggia cade
su la solitaria
verdura
con un crepitio che dura
e varia nell'aria secondo le fronde
più rade, men rade.
Ascolta. Risponde
al pianto il canto
delle cicale
che il pianto australe
non impaura,
né il ciel cinerino.
E il pino
ha un suono, e il mirto
altro suono, e il ginepro
altro ancora, stromenti
diversi
sotto innumerevoli dita.
E immensi
noi siam nello spirito
silvestre,
d'arborea vita viventi;
e il tuo volto ebro
è molle di pioggia
come una foglia,
e le tue chiome
auliscono come
le chiare ginestre,
o creatura terrestre
che hai nome
Ermione.
Ascolta, Ascolta. L'accordo
delle aeree cicale
a poco a poco
più sordo
si fa sotto il pianto
che cresce;
ma un canto vi si mesce
più roco
che di laggiù sale,
dall'umida ombra remota.
Più sordo e più fioco
s'allenta, si spegne.
Sola una nota
ancor trema, si spegne,
risorge, trema, si spegne.
Non s'ode su tutta la fronda
crosciare
l'argentea pioggia
che monda,
il croscio che varia
secondo la fronda
più folta, men folta.
Ascolta.
La figlia dell'aria
è muta: ma la figlia
del limo lontana,
la rana,
canta nell'ombra più fonda,
chi sa dove, chi sa dove!
E piove su le tue ciglia,
Ermione.
Piove su le tue ciglia nere
sì che par tu pianga
ma di piacere; non bianca
ma quasi fatta virente,
par da scorza tu esca.
E tutta la vita è in noi fresca
aulente,
il cuor nel petto è come pesca
intatta,
tra le palpebre gli occhi
son come polle tra l'erbe,
i denti negli alveoli
son come mandorle acerbe.
E andiam di fratta in fratta,
or congiunti or disciolti
e il verde vigor rude
ci allaccia i melleoli
c'intrica i ginocchi
chi sa dove, chi sa dove!
E piove su i nostri volti
silvani,
piove su le nostre mani
ignude,
su i nostri vestimenti
leggeri,
su i freschi pensieri
che l'anima schiude
novella,
su la favola bella
che ieri
m'illuse, che oggi t'illude,
o Ermione."

..quando la musicalità si esprime elegantemente, senza bisogno di altri strumenti se non parole accurate, cercate, disposte.D'Annunzio non sarebbe stato capace di tanto se avesse conservato il cognome di Rapagnetta.

Archive: Settembre 2005

Sabato 3 settembre 2005: Hallo
Le mie coinquiline qui a Frankfurt si chiamano Steffi e Lisa.Ieri sera Steffi e Lisa sono uscite per andare in un *club* con un amico di non meglio identificata nazionalità, che mi pare si chiami Alex e che non parla una parola di tedesco ma ha un ottimo inglese. Questo Alex dall'ottimo inglese ora si trova sdraiato per terra nella mia cucina e dorme beatamente.Quando ho tentato di raggiungere la credenza ha percepito una presenza estranea e ha salutato con un grugnito, sempre in buon inglese.E ovviamente non sono riuscita a raggiungere la credenza, per cui mi appresto ad uscire, arrivare al bar e supplicare affinché mi facciano un caffè decente.Alla modica cifra di un paio d'euro.Amo i teteschi.Ieri sono riuscita a comprare un pacchetto da 30 di sigarette infumabili. Non so nel resto della cermania, ma qua al supermercato di fianco a casa mia tengono le sigarette in gabbia, sotto chiave, tutti i pacchetti buttati uno sopra l'altro. Per ottenerle chiedi la chiave al cassiere, lui ti apre la gabbia, tu prendi le sigarette e gliele paghi. Questa cosa ha del surreale.Io li amo ancora di più.

Lunedì 5 settembre 2005: Campus Westend
Oggi ci hanno portato a fare una Führung (un tour) per l'università.Cosa utilissima.Posso trarre le seguenti conclusioni da questa meravigliosa esperienza:-in ogni edificio dell'università c'è almeno una caffetteria;-il caffè fa schifo ugualmente in tutti i posti;-in ogni edificio o quasi c'è pure una mensa, a volte anche due;-la guida aveva una concezione del tempo personale ed una altrettanto personale percezione dell'importanza delle informazioni da fornirci, cosicché abbiamo perso secoli sulle cazzate, per poi correre e recuperare tempo sulle cose interessanti;-il caffè fa schifo ugualmente in tutti i posti.Il dipartimento di storia, filosofia eccetera è una specie di vecchio casermone dall'aspetto chiaramente fascista. E' fatto leggermente ad arco, di modo che, quando sei dentro e cammini per quei lunghi corridoi bianchi e asettici in un clima da clinica-lager psichiatrica, tu non riesca nemmeno a vederne la fine.Ci sono ascensori che farebbero venir voglia di prendere le scale anche fino al 20esimo piano, pur di non entrarci. Sono aperti e continuano a salire senza fermarsi. Quando passano dal tuo piano devi saltarci dentro prima che sia troppo tardi. Stessa cosa quando scendi.A tutti è piaciuto un casino (l'edificio, non l'ascensore).A me per niente, ma quantomeno il senso di angoscia è mitigato dall'enorme parco che circonda il dipartimento, e che in questo periodo è decisamente sfruttabile per acculturate letture all'aria aperta, all'ombra di qualche albero.E da domani iniziamo il corso di tedesco, per fortuna non in caserma

Mercoledì 14 settembre 2005: Hangover
Qua andiamo sempre più verso il grottesco.Le lezioni di tedesco sembrano un po' delle giornate d'asilo per bambini autistici.Ieri la professoressa leggeva la descrizione di un quadro mentre noi disegnavamo ciò che riuscivamo a capire.Che dire, se non si impara il tedesco così..Per fortuna parlare con tutti gli altri, tedeschi e non, aiuta parecchio.Se poi si aggiungono un paio di birre e altrettanti bicchieri di vino, io vi assicuro che ci si ritrova a parlare un tedesco inimmaginabile.Mi sono ritrovata in una discussione con un americano, in cui tentavo senza successo di spiegargli che "chairs" sono le scale. Ha vinto lui. Ma partiva avantaggiato.Una polacca mi ha detto che parlo benissimo tedesco.Un'indiana enorme si è innamorata di me.Una slovacca che non m'ha mai cagato per 10 giorni a lezione, ieri sera è venuta a cercarmi per avere una foto insieme a me.Mi insegnano scioglilingua in ceco.A lezione ci hanno fatto simulare un dibattito politico in cui io facevo la parte di Schroeder.Un tizio in ascensore mi ha appena chiesto se il suo brufolo sulla fronte mi facesse ridere.I casi sono due: o sono ancora ubriaca da ieri sera, o comincio a capire cosa abbia di tanto subnormale questa esperienza erasmus.

Martedì 20 settembre 2005: Subtitles
E' stato un mix portentoso, quello fra birra e apfelwein, tanto che mi ritrovo a casa alle 12.30 di un martedì mattina in cui avrei avuto lezione.Non che la cosa mi dispiaccia.Sono uscita alle 19 per andare a fare la spesa, e sono finita a cena con una francese, una polacca, un americano. Ho giocato a un gioco di carte polacco senza capire un cazzo, e ho vinto.Ho ascoltato musica che non ascoltavo da anni, ed avrei voglia di ascoltarla ancora, adesso.Ieri in un momento di rincoglionimento ho buttato nel cestino un pacchetto di sigarette pieno, appena aperto. Ho passato due ore a cercarlo, per poi rendermi conto.No, non avevo ancora bevuto.Mi sembra di vivere in almeno 3 o 4 personaggi diversi. E' buffo.Questa città assume colori diversi ogni giorno. Mi dicono "è fredda", "è anonima". Dannazione, viveteci 20 giorni, usatela, camminateci e osservate. Tutto è nuovo. Tutto è di vetro, trasparente, asettico. Qua ci sono poche case di mattoni, quelle case dai tetti rossi a cui sono abituata, quelle che si affacciano su strade e vicoli antichi. Quelle case che, come dicevo, parlano di chi le ha costruite, di chi le ha abitate. Quelle case qui sono poche. Ma puoi specchiarti nella freddezza di un grattacielo, e pensare che si, forse sarà anonimo, forse non parlerà di nessuno, forse non avrà quelle tegole rosse sul tetto.. ma parla anch'esso, di una società che è nostra e che ogni giorno lo sembra sempre meno. Perle ai porci.Quando in germania sale il controllore sulla metropolitana, la scena è quella di una rapina. Il ritratto del controllore medio tedesco è quello di un uomo dai 30 ai 50 anni, con faccia poco raccomandabile, baffi, vestiti sporchi e trasandati per non dare nell'occhio. Lo scambieresti per un borseggiatore, ti aspetteresti quasi che con quel suo movimento repentino tirasse fuori una pistola e iniziasse a urlare in preda al panico come succede in qualche stupido film americano. Ti aspetteresti che la gente reagisse male, e iniziasse a urlare a sua volta. Invece questi tedeschi che sempre ti sorprendono, tirano fuori con tranquillità il loro biglietto, insieme, contemporaneamente, come si muovono le teste degli spettatori di una partita di tennis.Damn.A parte queste rarità, la vita è ovunque la stessa, me ne rendo conto.In 20 giorni in germania mi chiedo cosa ci sia di diverso dall'abitare in italia.Tutte le città europee sono uguali. La vita è uguale. Le persone, dite le banalità che vi pare, sono uguali.Maledetta globalizzazione.E benedetta, altrettanto.

Mercoledì 21 settembre 2005: Paternoster Aufzug
Parlando con Eugenio ho scoperto il nome del famoso ascensore del Campus Westend. Si chiama Paternoster, e il nome è decisamente esplicativo.La cosa più bella in tutto ciò, è che ho finalmente capito il significato di alcuni punti del bellissimo racconto di Heinrich Boll "La raccolta di silenzi del dottor Murke" (è un chiaro, esplicito, invito a leggerlo) di cui incollo l'inizio:

"Ogni mattina, varcata la soglia degli studi della radio, Murke si sottoponeva ad un esercizio di ginnastica esistenziale: saliva nell'ascensore Paternoster, ma non usciva al secondo piano, dove era il suo ufficio; si lasciava invece portare più in alto, oltre il terzo, il quarto, il quinto piano. Lo prendeva la paura ogni volta che la piattaforma della cabina si sollevava oltre il corridoio del quinto piano, quando la cabina si elevava cigolando nel vuoto dove cavi oliati e stanghe sporche di grasso, asmatico macchinario di ferro, spingeva la cabina dall'alto al basso: Murke fissava pieno di paura quell'unico luogo dell'edificio della radio che non fosse liscio e intonacato e respirava di sollievo quando la cabina, con uno scossone si drizzava, superava quel vuoto, si metteva di nuovo in linea e lentamente si abbassava verso il quinto, il quarto, il terzo piano."

E ora posso dire di avere capito in cosa consistesse la ginnastica esistenziale. Ah, l'ignoranza, che brutta cosa.Ieri sera ad una festa mi hanno fatto il miglior complimento da quando sono qui: "sei italiana? ma davvero? non hai accento italiano quando parli tedesco.. ti avrei tranquillamente scambiata per una polacca o simili.."Se ne parlava sul forum, di accento italiano e di pessima pronuncia.Direi che uno dei miei obiettivi primari l'ho raggiunto.Ora piuttosto dovrei allargare il mio vocabolario.

Sabato 24 settembre 2005: When I was just a little girl..
Una volta, da bambina, lessi un opuscolo sulla trasmissione delle malattie (non ricordo nello specifico). Ricordo un disegnino di due bambini che si scambiavano la felpa. Sotto stava una spiegazione, che suonava pressappoco come: "i batteri si trasmettono anche attraverso gli abiti". Ne rimasi sconvolta. Qualche tempo dopo ero in montagna con un'amica, faceva freddo, non avevo una giacca adatta e sua madre volle gentilmente offrirmene una. Mi prese il panico dei batteri. Sarebbero passati tutti a me, attraverso la giacca. La rifiutai. Uscii senza, e mi ritrovai con la febbre per una settimana.
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Da bambina avevo una concezione strana delle case di amici e parenti. Slegata dal mondo. Si andava a casa del nonno Secondo, ma non esisteva tragitto. Esisteva la casa del nonno, indipendentemente dal palazzo, dalla via, dalla città.
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Quando si andava per Natale a casa di mia zia, lei preparava pranzi elaborati, li serviva in piccole porzioni curate esteticamente in maniera impeccabile. Ma a me la mousse di granchio faceva schifo lo stesso. E il pane che faceva lei sembrava quello che compri al supermercato. Aveva fatto un corso, per riuscire a farlo così. Io non credevo che fosse possibile, fare in casa del pane che fosse identico a quello del supermercato. E mi pareva un'enorme perdita di tempo. E di gusto.
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Una volta esisteva un misto di verdure surgelate con piselli, carote, patate e non ricordo che altro. Esisterà di sicuro anche ora, ma non ne ho la certezza. Mi piaceva un sacco e mia nonna lo cucinava sempre. Una volta l'ho mangiato, avevo l'influenza e mal di stomaco, e ho vomitato. Mi sono convinta che fosse colpa delle carote. Erano delle carote piccole e sottili, e non potevano esistere in natura. Avevano certamente qualcosa di malefico. Non sono mai più riuscita a mangiare carote cotte.

Venerdì 30 settembre 2005: Sehnsucht
A volte mi sorprendo.Della capacità che ho, di fare esattamente il contrario di ciò che riconosco come la mia abituale condotta.Questa città è alienante. Le sue strade, i suoi palazzi, le gru sparse per tutto il territorio, gli aerei sempre in cielo, a qualsiasi ora..Non sto male qui, dicevo. Ma non ci sto nemmeno terribilmente bene. E non mi piace.Sono contenta di rivedere la mia città rossa, avvolta in quel suo grigiore preautunnale, contenta di camminare sotto quei portici e gettare un'occhiata al di là delle vetrine, dentro i bar, contenta di poter prendere un caffè di fretta, da sola, o di sedermi ore a bere lo stesso caffè, con qualcuno.Mi chiedo se cambierà qualcosa, da queste parti.I rapporti umani qua devo ancora capirli.Devo capire ancora un bel po' di persone, perché come al solito conosco tutti, ma in maniera superficiale. Ho tante palline da attaccare all'albero, ma gli manca il tronco, e parecchi rami. E questo fa in modo che io mi rapporti a loro con diffidente superficialità. Per non dire con mascherato adattamento ad una situazione che di mio non ha nulla.L'unica cosa insolita di questa settimana, è stata vedere un americano lanciare gli spaghetti contro il muro per testarne la cottura. "It works" mi ha detto. Se si attaccano sono cotti.Ditemi, sono queste le tanto attese emozioni? Perché nel caso disdico il ritorno da Bologna.

Venerdì 30 settembre 2005: Takk
Nota positiva in una giornata negativa: l'ultimo cd dei Sigur Ros "Takk" è veramente BELLO.

Archive: Luglio 2005

Venerdì 1 luglio 2005
A volte mi diverto a fare un giro per i vari blog sparsi in rete..Mai a caso. Solitamente sono persone che mi rimandano ad altre persone, e ad altre ancora, in quel modo veloce e strano..A volte mi immagino queste persone, e mi chiedo che effetto farebbe, a loro, sapere come me le immagino, da quelle poche righe, da quelle virgole, da quei colori, evidenti, sottintesi..Ho voglia di prendere la macchina e viaggiare, vedere il paesaggio scorrere veloce, innamorarmi di un paese circondato dalle montagne, svegliarmi lì alla mattina e uscire all'aria fredda, fare colazione, con quel caffè lungo e acquoso, e quel profumo di mele nei locali..Ho voglia di indossare una felpa e i pantaloni larghi, in un'umida giornata estiva che si è concessa un po' di tregua dal caldo..Ho voglia che finisca l'estate, perché la fine dell'estate è quello che aspetto, sempre, ogni anno, da quando ero bambina.. e quando arriva, l'autunno, non fugge come quegli attimi di felicità di cui ti rendi conto troppo tardi.. no, non fugge.. puoi sentire il fruscio delle foglie sotto i tuoi piedi, il peso dei maglioni e dei cappotti addosso, i profumi, e quella luce particolare, fioca, leggera, che scalda fino a primavera..Ho voglia di bere un té speziato, seduta sul divano in una di quelle case calde e accoglienti, che parlano delle persone che le abitano, che parlano per le persone che le abitano..E ho voglia di dare fuoco a Hitler, che è riuscita a rovinare con la sua presenza tutta la magia immaginaria di questo momento.

Archive: Giugno 2005

Domenica 12 giugno 2005
Quanti secoli che non scrivo..Sono un po' spiazzata e fuori fase, in questo periodo. Fisicamente, mentalmente, e quant'altro, se altro ci può essere.A settembre parto per Francoforte, e ancora adesso non me ne rendo bene conto. Sto preparando, compilando, consegnando, ritirando, spedendo pagine e pagine di burocratiche scartoffie, e ogni volta che mi trovo a compilare un foglio nuovo è come se acquisissi nuova consapevolezza.Che svanisce con poco, tutto torna piatto, tutto è ancora lontano.Ma ormai posso quasi dire d'essere abituata al cambiamento. Io non sono una per cui le cose sono definite, prendono una certa piega da un dato momento in poi, e da lì durano, e durano, e durano..Volubilità estrema.Se avessi scelto due settimane fa, probabilmente starei volando in Svezia.Ora difendo con forza la mia Francoforte, sperando che possa far breccia altrettanto, nella mia mente.Mi sto buttando in qualcosa di più grande di me, a livello di studio. Più grande di me perché so che non ne avrò la costanza. Ma è come se mi fossi risvegliata da un torpore che stava atrofizzando corpo, mente, vita. E ho voglia di fare, e di fare in quella direzione. Quindi, alla faccia di tutti quelli che mi dicono che non serve a un cazzo, che non mi darà lavoro, case, auto, ma tantomeno pane per vivere, alla faccia loro credo che continuerò a studiare amarico. Se non altro perché certa gente è riuscita a tirarmi fuori da quello stato di ridottissima produttività, e mi ha appassionato a un qualcosa che non conoscevo.E' bello, e non mi ricordavo che lo fosse.L'università italiana è una merda.Non so le altre, ma la nostra è una merda.

Archive: Aprile 2005

Sabato 2 aprile 2005
Lo scrivo qua, così nessuno mi romperà le palle/interromperà mentre formulo il mio pensiero.Il papa muore. E mi dispiace, come mi dispiacerebbe per qualsiasi essere umano che non mi è particolarmente vicino, ma che è pur sempre un essere umano. Il che sta a dire "poco". E questo poco va al papa in quanto uomo, non al papa in quanto papa, in quanto capo di un'organizzazione che non mi piace, in cui non credo, di cui purtroppo mi deve interessare ma solo perchè vivo in mezzo a gente a cui interessa.Ora, io presumo e spero sempre che la gente sia dotata di materia grigia pensante, e quindi non ritengo necessario spiegare perchè il fatto che me ne freghi poco non sia automaticamente una mancanza di sensibilità o addirittura una dimostrazione di cattiveria pura, e come questo non implichi che io sia l'anticristo/il demonio/il mostro cattivo.Ne parlano tutti, e non vedo perché questo debba portarmi a non parlarne. Volente o nolente, quell'uomo sta morendo e sta mobilitando il mondo. Se poi lo stia mobilitando in maniera esagerata, ipocrita, impertinente, generosa.. non sta a me dirlo, semplicemente perchè non è questo che mi interessa.Io trovo che fosse diventato un fenomeno da baraccone. Si affaccia, dice qualcosa che assomiglia a un grugnito, e migliaia di soggetti adoranti, là sotto, applaudono.Applaudono cosa?Lo sforzo del papa di essere loro vicino nonostante le orribili condizioni di salute, credo che risponderebbero.Magari per qualcuno è così, magari per tutti. Io, una persona che sta così, la lascerei in pace, e mi sentirei una merda completa solo a volerla vedere affacciarsi per dimostrarmi la sua vicinanza. Me ne fregherei, delle dimostrazioni, come me ne frego spesso nella mia piccola vita. Preferirei non vederlo grugnire alla finestra, ma pensarlo tranquillamente a letto, senza angoscie, senza prove fisiche e umiliazioni pubbliche. Ma tant'è, io non credo, non ho la fede, l'illuminazione, e forse c'è qualcosa che mi sfugge e che porta migliaia di persone ad applaudire ad un grugnito che a loro pare miracoloso, e a me grottesco, per usare un pallido eufemismo.A me questo papa stava simpatico. Ma è una questione totalmente avulsa da qualsiasi sentimento religioso. Sarà che da quando sono nata io, ho sempre visto lui, e non posso fare confronti. Ma mi pareva un soggetto simpatico, in fondo, e sta all'intelligenza di chi legge, capire il vero senso di questo post, che tutto vuole tranne che denigrare una persona che sta male e sta morendo. Ma io non so farlo con i sentimentalismi, perchè mi sembrano falsi, in me, dato che sarebbero forzati. Non so farlo con frasi di dolore, perchè non sono addolorata. Ma mi viene in mente che, quando ero bambina, credevo che lui fosse il nostro papa. Nostro nel senso "di noi, italiani". Essì, perchè questo papa stava in Italia. Sicuramente quello francese stava in francia, come quello tedesco in germania, e così via. Quando scoprii che era il papa dell'intero mondo, mi parve una cosa così grande e strana, che stesse di casa da noi.. Poi giunse il catechismo. E la scuola, e l'erudizione. E non c'è bisogno che racconti, a quanti mi conoscono, come si sia rimpicciolito in me il concetto di chiesa cattolica.Mi viene in mente che mi portarono, per motivi astrusi che mi fanno ribrezzo al solo pensiero, a conoscerlo, questo papa. Ho pure le foto. Ma non mi fece granchè effetto. Mi fecero più effetto quei gruppi di cinesi/giapponesi/omini a mandorla che si alzavano a cantare tutti quegli strani cori insieme, in quella stanza gremita di gente che lo guardava, lo toccava, gli parlava come fosse un totem. Feticismo, quasi. Ma non me ne vogliano i cattolici che leggeranno, se leggeranno. Era una visione permeata dagli occhi di una bambina, che ha avuto un'educazione non religiosa. E se vi fa sentire meglio, pensate che io non possa capire, a me sta bene. Altrimenti pensatela con gli occhi di chi rispetta un'altra opinione, quando espressa in modo sì pacato. E, come capita spesso, questo papa che non mi suscita particolari sentimenti, mi fa parlare di se' più di quanto non abbiano fatto finora altre cose/persone.Meditate.

Sabato 2 aprile 2005
"il fatto vergognoso è soltanto che da due giorni i media ci stanno mangiando sopra con telegiornali non stop. Partono notizie strane: è morto , non è morto. Come se si stesse giocando a staccare i petali di una margherita. Indipendentemente dal credo che ognuno ha, penso non sia possibile per chi come me ke ho 24 anni, o tu, ke sei più o meno lì lì, capire l'importanza di questo papa, visto ke non abbiamo vissuto quelli precedenti e ci mancano i termini di paragone.In più per motivi anagrafici ci siamo persi tutto l'operato del pontifice di quando non era rincoglionito dal morbo. Alcuni dicono che se il muro di berlino è caduto è merito suo. Io questo nn lo so. E non sono neanche religioso. Ieri però sono andato in piazza san pietro. Ci sono andato perchè volevo vedere per conto mio, senza il filtro del grande fratello. Ho visto una piazza non piena. Forse c'erano 400 o 500 persone. Erano le 7 di sera. Magari nn era ora di punta, ma i tg parlano di veglioni e maratone telethon. Non è vero. Si mettono con le telecamere lontano dalla piazza e sfruttano l'effetto profondità per moltiplicare le folle. Un po' come a Mtv Trl, quando sembra che ci siano 1000 persone e in realtà sono 20, con la camera a braccio meccanico ke riprende a volo d'uccello. Ma a parte questo, quello che voglio dirti è altro. Ieri ho visto tra la gente persone che piangevano, e piangevano veramente. Non la reputo isterìa, perchè da isterici è strapparsi i capelli. Quelli piangevano invece (non moltissimi). ed erano pianti veri. C'erano anche tanti ragazzi. Mi dirai: sì ma quella gente che piange molto spesso è la medesima che butta i miliardi al gioco del lotto. Ti rispondo: certo. L'italia è questo ed è risaputo che l'attaccamento religioso appartiene alle masse, senza scomodare i machiavellici. Nonostante questo, io quella gente un po' la invidio, perchè io nn ho pianto neanche per mio nonno quand'ero piccolo. E se vedo gente che piange per il papa, per uno che lo si è visto magari solo in tv, che non è un parente, io mi pongo delle domande. Domande sul sentimento religioso, ke effettivamente penso esista, anche se a me non coinvolge. Non mi sbilancio: non so se sono fortunato o sfortunato a non provare queste cose, se sono intelligente o scemo, realista o superstizioso. Non riesco a capire come faccia a piacere un uomo a un uomo. Però al gay piace. Certe cose non si capiscono perchè non vi si è parte. Tra la tanta ipocrisia che tu giustamente hai ricordato, credo ci sia davvero più di qualcuno che al papa ci tiene davvero. A me piace pensare a queste persone. Anche perchè in fondo, è vero che il vaticano ha soldi, ke è organizzato, ke gestisce, ke ha colpe e responsabilità. Ma di tutta questa costruzione ritengo il papa (o almeno quest'ultimo) uno dei pezzi migliori."

Questo commento lo posto qua perchè mi è piaciuto, e volevo dargli un po' di spazio. E perchè alla fine dice un po' delle cose che credo anche io.I telegiornali e le maratone degli ultimi giorni mi fanno abbastanza schifo. E' veramente diventato il grande fratello del papa, la corsa a dare per primi la notizia, il titolo, vero, falso, presunto, che importa. Ormai hanno addomesticato le pecorelle con questa storia del "reality" in senso lato. Siamo nel mondo dell'ovvio che diventa estremismo, nel mondo in cui tutto deve ormai essere trattato con un sentimentalismo che scade nel patetico, che deve far piangere, che deve toccare per forza quei presunti e falsi buoni sentimenti. Ma sia chiaro che io quando parlo di falsità, non parlo di quelle persone che sono lì sotto, e piangono. Che siano 3 o 3mila, io sono convinta che ci sia gente che piange sul serio la sua sofferenza, la sua morte. A me dà fastidio l'atteggiamento degli avvoltoi, quelli che svolazzano in alto e ti propinano quella visione distorta dalle telecamere, dalle menzogne, dal profitto. I miei falsi sentimenti sono quelli di chi deve sbandierare la cosa ai quattro venti. Non certo quello di persone che piangono là sotto, con il cuore, anche se ci sono tante cose che mi sfuggono, che non capisco.. ma è molto probabile che l'ignoranza sia mia, lungi da me il volermi mettere in cattedra (se non per sopperire alla mia scarsa altezza).Per fortuna ho smesso da un po' di credere ciecamente al tg o alla televisione, e prendo le cose con le dovute distanze.Probabilmente, se fossi stata a roma, sarei andata a vedere anche io, per togliere il filtro. Ma tant'è..E il senso del mio post alla fine era proprio quello di far capire che, al di là di un'organizzazione che non condivido e a cui non mi sento per nulla vicina, questo papa per me, non merita di diventare l'ultimo di tanti "reality". E parlo di questo perchè io, che di anni ne ho 25, ho visto solo lui. E forse m'è anche andata bene, mi viene da pensare..Detto questo, Ospite, chiaramente se ti dà fastidio tolgo da qua sopra il tuo post. Ma spero di no.

Domenica 10 aprile 2005
Oggi è una di quelle splendide giornate piovose.Di quelle in cui ti svegli, apri la finestra, ti stropicci gli occhi, guardi fuori attraverso quel filo di luce che entra dalle fessure che appena sveglia ti sembra insostenibile allo sguardo, e vedi tutto inesorabilmente grigio. E bagnaticcio.La pioggia che scende obliqua, il palazzo di fronte a chiazze scure, gli alberi che dondolano i rami al vento.Presa di coscienza della realtà. E' il 10 di aprile. E piove ed è tutto grigio.Soddisfazione.Mi sto accorgendo che le cose che amo, sono quelle che non vedo quasi mai.Evidentemente proprio perché non le vedo mai.. Appaiono desiderabili finchè non le hai in mano, appaiono in tutto il loro splendore nel momento in cui le afferri, per poi scemare lentamente, perdere quella lucentezza, volar via come cenere.

"Questo di sette è il più gradito giorno,
pien di speme e di gioia:
diman tristezza e noia
recheran l'ore, ed al travaglio usato
ciascun in suo pensier farà ritorno."

E' lo stesso concetto, per chi è in grado di coglierlo.Ed uno dei motivi per cui detesto la domenica, e i giorni di festa in generale.P.S.: Leggevo fugacemente stamattina su uno di quei giornaletti inutili che si trovano al bar, che mi chiedo perché caspita non comprino Repubblica, o un qualunque giornale serio invece di propinarci quello scempio d'inchiostro.. leggevo -dicevo- che qualche pazzo vuole edificare/ristrutturare/compiere altre aberrazioni del genere sul colle dell'infinito, a Recanati. Peccato che i due soggetti seduti al mio fianco fossero talmente irritanti da indurmi a trangugiare in fretta il mio caffè e interrompere la lettura del giornale, pur di non dover sopportare ulteriormente la loro presenza o ascoltare i loro discorsi, degni dei più alti ragionamenti filosofici fra due capre. Quindi boh, probabile che non abbia capito un cazzo di quell'articolo. Ma che non osino toccarlo, sia chiaro.

Archive: Marzo 2005

Mercoledì 2 marzo 2005
Lezione alle 13 oggi. Storia moderna et contemporanea dell'Africa.Questo implica al mio povero corpo lento e appesantito dalla recente colazione, questo implica -dicevo- pranzare alle 12.15 e correre a prendere il bus con il pranzo e la colazione di cui sopra entrambi ancora sullo stomaco.Scendo in via Irnerio, e mi dirigo verso la mia aula, percorro via Zamboni abbastanza di fretta ma senza correre..Guardo distrattamente ciò che ho intorno, finchè non noto con la coda dell'occhio qualcosa di verde che scende per la via in direzione opposta alla mia.. Guardo meglio.Focalizzo l'attenzione sulla macchietta verde che scende veloce per la via.E' una vespa.Verde pisello. Vivace. Evidenziatore.Il conducente è un tipo robusto, giacca blu, casco color della sua vespa in testa.Sorrido.E' Pilla.Lo stesso Pilla che aveva la stessa vespa verde, lo stesso casco color vespa, la stessa giacca blu, la stessa mole, tutto lo stesso anche al liceo.Quando vedevi una vespa verde per strada, sapevi per certo che era Pilla. Ed è buffo e bello allo stesso tempo sapere che è ancora così. Quella macchietta verde che scorgi con la coda dell'occhio correre giù per la via, non può essere altri che lui, ancora adesso, dopo 5-6 anni. Nessun dubbio. Cambia solo il fatto che non si ricorda nemmeno chi sei, ormai. Ma che importa, di fronte alla certezza di sapere che certe cose restano?Evviva Pilla e la sua vespa verde che mi hanno rallegrato -senza saperlo- la giornata.

Sabato 26 marzo 2005
Strana Pasqua quest'anno..Già c'è quel rametto d'ulivo che attenta pericolosamente alla mia vita ogni volta che cerco di aprire la porta. Si è messo lì col chiaro intento di accecarmi. E' lampante. E fastidioso. Quanto potere può avere la suggestione, anche in confronto alla difesa della propria incolumità..Poi a cena assisto a strani scambi d'opinione.
"Venite a messa con noi domani?"
"AHAH"
"Beh cosa c'è da ridere?"
"NO."
..Io ho continuato a mangiare la minestra.Che era buona, nonostante non si riuscisse a capire cosa diamine ci fosse dentro.Aveva la consistenza della sabbia, quella roba. E anche il colore. Però era buona, ogni tanto spuntavano grumi di patata. E a me piacciono le patate. Anche in mezzo alla sabbia, ho scoperto.Mi vesto va', è ora di uscire.

Archive: Gennaio 2005

Giovedì 6 gennaio 2005
Che strano è..Vedere persone che fino a ieri si odiavano, festeggiare allegramente insieme..Vedere persone che probabilmente ancora si odiano, festeggiare allegramente insieme..Vedere persone festeggiare allegramente insieme, e vederle da lontano, vederle senza farti vedere.E poi rifletterci sù.E capire che certi rapporti probabilmente sono troppo veri per essere recuperati, e altri troppo falsi per essere lasciati andare..Semplicemente mi chiedo cosa cambi, fra me, e loro.. quale sia il motivo dell'allontanamento astioso da me, e l'avvicinamento morboso a loro, quelli che fino a ieri criticavi, quelli che ti hanno fatto sicuramente più cattiverie di me e sicuramente con maggiore intenzione, quelli per cui ti sentivo dire spesso "sono così, e a me non vanno bene", quelli dei quali ora ho preso il posto, e sono così, e non vado più bene.E sono tutte considerazioni senza particolare senso pratico, perchè io di senso pratico in questo rapporto non ne trovo più. Non mi interessa trovarne più. E non è nemmeno una presa di posizione, è una semplice constatazione..Ma mi fa strano vedere quella tua faccia sorridente, e non capire se sia falsa o meno, con me o con loro.
"Nothing changes on New Year's Day..."
Ah, buon anno.

Lunedì 10 gennaio 2005
Io credo di essere stata Jan Potocki nella mia vita precedente.

Martedì 11 gennaio 2005
Giusto per fare un po' di chiarezza, dato che non vi è possibile leggermi nel pensiero (grazie a dio)..Mi trovo oggi nel pomeriggio a passeggiare per la mia (ormai non più) nebbiosa città, e decido di fare un salto alla nuova libreria in sala borsa.
(Apro una bella parentesi per i bolognesi sulla libreria in sala borsa. Non è il male. Anzi. La biblioteca resta lì, nessuno la tocca. La libreria, con i suoi bar, wine bar, ristoranti e quant'altro è solo una possibilità in più. E se proprio volete spendere energie per protestare, fatelo su cose serie. Più serie. All'occorrenza fornisco liste aggiornate.)
Ritorniamo al nostro eroe (che sarei io) che abbiamo lasciato all'ingresso della libreria sala borsa. Entro, giro un po', prendo un buon caffè, trovo un paio di libri e un'agenda, li compro.. e decido di fare un salto al piano superiore..Mi aggiro furtivamente per le varie sale, lancio occhiate sempre furtive ai vari libri.. e lo vedo. "Manoscritto trovato a Saragozza" di Jan Potocki. Lo guardo.Mi guarda.E mi dico "Ehi! Io questo lo conosco!"Mi dice qualcosa.Non capisco cosa.Non capisco come e perchè lo conosco.E alla fine non lo conosco.Non trovo/ricordo nulla, nessuno, nessun luogo dove posso averlo visto/sentito/letto.Ne deduco ragionevolmente che, in una vita precedente, ero Jan Potocki.Lo comprerò.

Lunedì 17 gennaio 2005
Date le innumerevoli richieste, le lettere di fan disperati, bagnate di calde lacrime, le minacce di suicidio und so weiter.. mi decido ad aggiornare anche se non ho nulla da scrivere. Ho realizzato oggi che Irene era a Bologna fino al 15 gennaio, e che il 15 è passato.. la mia immensa intelligenza mi ha portato a collegare entrambi i fatti per giungere alla sensata conclusione che Irene è già tornata a Londra.. e questo mi rende estremamente arrabbiata, nonchè cogliona. Ma tant'è..Stasera su mtv ci sono i Green Day e il loro è stato il primo cd che ho comprato nella mia vita, e ce l'ho ancora, e ricordo i primi tempi di *videomusic* e i video che passavano.. *il video con le facce* lo chiamavamo io e mio fratello. Basket case, ovviamente. Il video con le facce. AHAH IL VIDEO CON LE FACCE. ...Ok.Ho un paio di esami da dare e da domani studio. Lo sto dicendo da sabato. Ma domani studio.Nel frattempo vi informo con somma gioia che sono entrata in possesso, pagando una modica cifra, del manoscritto trovato a Saragozza. Mi sento molto ufficiale dell'esercito napoleonico. Napoleone era corso. E basso. Non riesco a non dirlo, è più forte di me. Come quando pensi a Garibaldi ferito ad una gamba, o a Dante e la corona d'alloro, o a Cesare che dice "Tu quoque Brute". Sono quelle cose che vale la pena di ricordare. Napoleone era corso. E basso. E il video dei Green Day era il video con le facce. AHAH LE FACCE.....Le facce.

Giovedì 20 gennaio 2005
Ho la prova schiacciante che il caffè la mattina MI SERVE. E molto anche. Stamattina al bar, mangiavo felicemente la mia brioche, quando ho sentito il barista fare i conti per un gruppo di soggetti caffeinomani. Sei caffè, 90 centesimi l'uno, 6 per 9, sei per nove.. "72!" penso io. Per fortuna che a volte ho la decenza di non aprire bocca. O per fortuna che prima che io potessi aprirla lui ha detto "Sono 5 euro e 40". Mi sono alzata e ho dignitosamente ordinato il mio caffè. 72. ...ma dico io.. settantadue. Un altro caffè, grazie.E dire poi, che la tabellina del nove è quella che sapevo meglio. Si ok, c'è quella dell'1, che l'aveva imparata pure il mio pesce rosso ormai, quella del 2 ok, anche quella del 10.. e lo zero, quella era la bazza suprema OK. Ma quella del 9 è facile. Tutti i risultati sono composti da numeri che sommati fanno 9. E il primo numero è sempre di una unità più piccolo di quello per cui moltiplichi. E mio padre per insegnarmela mi aveva costruito una casetta con 10 finestrelle, 9,18,27 e così via fino a 90.. e dalle finestrelle facevi scendere le macchinine, c'era la discesina.. una favola. Ci avrò giocato anni, anche quando ormai avevano inventato le calcolatrici e 9 per 6 non lo faceva più nessuno. Che genialata.Eppure riesco ancora a pensare che 9 per 6 faccia 72.Un altro caffè, please.

Giovedì 20 gennaio 2005
Potrei intitolare questo post "Del perché amo la neve, soprattutto in città".
-Con la neve tutto assume una luce diversa. Tutto è più luminoso. Il bianco candido copre il grigiore dell'asfalto, di giorno. E riflette moltiplicandola ogni tipo di luce, di notte. Così quando esci di sera ti sembra tutto alquanto surreale, perchè non è la luce a cui sei abituato di giorno, e non è il buio tristemente illuminato dai lampioni notturni, che contro il grigio dell'asfalto si schiantano, si dissolvono, muoiono. E' una luce diversa che rende stupenda anche la strada dove abito. E se guardi bene, la neve luccica. Tutta la luce dei lampioni cammina e luccica sul manto nevoso. E' semplicemente bello;
-La neve in montagna è divertente, puoi sciare, puoi fare pupazzi di neve, è di più, non diventa nera e ammucchiata ai lati delle strade dopo un paio d'ore.. sono d'accordo. MA è SEMPRE la stessa. Ci siamo abituati. Ogni volta che vai in montagna in inverno è la stessa solfa. Qua a Bologna invece lo spettacolo di cui sopra lo vedi si e no due giorni l'anno. E non stanca mai. E non scade nel banale. Ed è più bello;
-Quando porti fuori il cane puoi divertirti a guardarlo pisciare in testa ai pupazzi di neve dei bambini, o a scivolare su lastroni di ghiaccio, a lasciare stupide impronte tonde sulla neve fresca, a scavare nella neve alla ricerca di castagne selvatiche che nasconderà prontamente poco più in là, per poi passare ore ad annusare il terreno per ritrovarle evocandoti scene tipo Ice Age;
-La gente impazzisce, sembra che 2 mm di neve mandino tutti terribilmente in paranoia, i-supertailleur-firmatissimi-pagati-un-sacco-di-soldi-che-oggi-avevo-il-colloquio-per-il-lavoro-della-mia-vita strisciano e assorbono la neve e l'acqua, e nonostante lo sforzo per preservarli sia immenso, quando arrivano al fantastico appuntamento sono in stato talmente pietoso che sarà difficile indossarli di nuovo, e tutto ciò mette i suddetti personaggi decisamente a disagio, il che è decisamente divertente;
-Gli stessi soggetti di cui sopra impiegano ore a fare un tragitto di 200 metri perchè una serie infinita di subdole e invisibili lastrine di ghiaccio attenta ripetutamente alla loro vita, con gusto, e anche tutto ciò è decisamente divertente;
-Io posso divertirmi a disegnare strani personaggi sulla neve, dando sfogo al mio represso senso artistico;
-Vedere i fiocchi di neve che cadono, quando sono belli grossi, e la neve che si attacca all'asfalto con tutta la sua tenacia, è uno spettacolo stupendo;
-Last but not least, quando nevica vuol dire che è INVERNO e d'inverno fa freddo e non c'è quel maledetto sole estivo, con la sua afa che mi fa soffocare.
Ora, ho già in mente tutti i possibili commenti contrastanti che potreste fare, quindi è inutile che li facciate, io sono contenta così e la neve mi piace. SOPRATTUTTO in città.

Archive: Dicembre 2004

Sabato 25 dicembre 2004
Ci sono persone che faranno i salti di gioia per questo blug.Ok, magari solo una, ma basterà. Quantomeno sarà un modo per far passare questo uggioso pomeriggio natalizio, per distrarre il mio stomaco da litigi alimentari e vedere di poter dire che, anche quest'anno, in qualche modo, il natale è passato. E non è stato così terrificante.Il brutto è che ancora una volta tutto il periodo pre-natalizio è passato, e come ogni anno mi sembra che mi sia sfuggito dalle mani, come ogni anno mi ha attraversato silenzioso, e come ogni anno si è fatto sentire soltanto quando potevo a malapena scorgerne la sagoma annebbiata all'orizzonte. Sta salutando, ancora. Ma per poco.. E quindi me ne sto a sorseggiare del tè, e a scrivere qualcosa qua, mescolando libri, film e personaggi che adoro in un unico spazio, un unico tempo, e a qualcuno sembrerà di leggere Hrabal, e mi piacerebbe poter anche solo pensare che quello che scrivo ha un qualcosa della sua magia, della sua naturalezza, del suo surrealismo poetico, qualcosa che vada al di là della pura narrazione paratattica. Ma tant'è, dicevo, a qualcuno sembrerà di leggere Hrabal. Non gli piacerà, ma a me, in fondo, si.L'altra sera al teatrino della realtà davano un bell'esempio di come possa essere sgradevole la gente, a volte. Cena ad un ristorante cinese/pizzeria (il che, già di per se', mi fa rabbrividire), è il 23 dicembre, è quasi natale, c'è tanta gente, tutti sono fuori a festeggiare con gli amici quello che dovranno festeggiare in famiglia il 25. Fa freddo e arrivo troppo presto. Ne approfitto per fare una telefonata che sul momento ha l'effetto di farmi riprendere dallo shock "cinese/pizzeria". Quando arrivano le altre, sorrisi, baci, abbracci e frecciatine velate nascoste dietro ulteriori sorrisi. Si entra, ci si siede nella più terribile delle disposizioni possibili, che solitamente è anche la più casuale, perchè basterebbe attivare per un secondo i neuroni, e rendersi conto che no, così non va bene, forse sarebbe meglio cosà. Ma mi trattengo e non vedo il motivo di fare il bastian contrario per l'ennesima volta, in fondo siamo in poche, potrebbe uscirne comunque una gradevole conversazione a cinque. E infatti così è, per i primi 5 minuti. Portano da bere, si versa il vino, si fa un brindisi, al natale, a noi, auguri, figli maschi, e quant'altro. Poi si inizia a tirare fuori i regali di natale. Mi appresto anche io, a tirare fuori dalla borsa quel pensierino che avevo comprato due giorni prima e che mi pareva proprio così adatto per l'Alessandra.. e mi rendo conto.. che nel mentre la tavolata si è ridotta a 4 sole persone.. che non solo non era stato contemplato un regalo per me.. ma la loro spiccata sensibilità aveva fatto sì che la mia presenza venisse totalmente ignorata, da lì ai seguenti 15 minuti buoni. Grazie e buon natale. Anche a voi. E il regalo si, me lo sono tenuto. Il resto della serata è scivolato amaramente bene, in fretta, veloce, come uno di quegli acquazzoni estivi che non ti danno nessuna soddisfazione se non la consolazione che finiranno presto e tornerà il sole. E detto da una a cui il sole non piace..Se queste sono state le premesse, la giornata di natale trascorre per ora indolore, tranquilla, quasi serena.. forse per la consapevolezza che, ormai, è passata.Ho lasciato perdere gli sms di auguri, ho risposto soltanto a quelli che mi sono arrivati, e che mi parevano abbastanza personali da ricevere una risposta. No, agli "AUGURI A TUTTI" et similia non ho risposto. Ne' ho intenzione di farlo. E' estremamente una rottura di scatole prendere i 100 numeri di telefono che hai in rubrica e comporre per ognuno di quelli un messaggio di auguri ad hoc, e mandarlo. E' per quello che non lo faccio, se non con poche persone.Mi è arrivato un sms che non aspettavo, e che mi ha fatto piacere, quello si. E' stato un pensiero carino. Alla faccia di tutti quelli che mi rinfacciano che ho sempre e solo qualcosa di cui lamentarmi. Quindi, se qualcuno dovesse leggere qua, buon natale, il mio augurio è di non ritrovarti a cena da solo con 4 altre persone che il 25 ti mandano messagi del tipo "auguri a tutti voi".

Domenica 26 dicembre 2004
Devo studiare. Oggi pomeriggio DEVO studiare.E' santo stefano, sono passate le feste, le ferie, le vacanze, lo svago, lo spasso, gli auguri, i regali, i parenti grazie al cielo non sono passati ed è stato meglio così. E ora è tutto in salita.C'è ancora capodanno, a dirla tutta, ma quello passa in fretta, esci la sera, sono le 10, e nel giro di un paio d'ore è tutto andato. Nella migliore delle ipotesi sei anche via da casa, nessun pranzo impegnativo il giorno dopo, solo il risveglio in tempo utile per guardare in tv il concerto di capodanno da Vienna, bevendo caffè e pensando per l'ennesima volta "uno di questi anni ci vado, a vederlo, là, da vivo, proprio a Vienna, si.". Chissà se la fanno quest'anno la Bauern Polka. Mi mette allegria..Devo dare un esame a cui volevo iscrivermi per prima, per non lasciare spazio ad alcun tipo di angoscia e finirla il più in fretta possibile. E invece qualcuno s'è iscritto 1 minuto prima di me. Mannaggia a me e a quando vado a fare i favori alla gente, e dico che la lista è già aperta eh, e il suo pc è probabilmente più veloce del mio, perchè quando mi riesco ad iscrivere sono già la seconda. Ma non cambia molto in effetti.. E la prossima volta mi farò furba. E non ci crede nessuno. La Madda m'ha regalato un libro che ha tutta l'aria di essere una perla, come tutti i libri che finora ho letto da lei.. La prima storia m'ha fatto sorridere parecchio alle spalle di una simpatica vecchietta a cui hanno regalato un magnifico sguardo perennemente spaventato, sbagliando un intervento chirurgico. Il figlio voleva venderla a qualche regista come comparsa per le scene alla Hitchcock, ma poi non ha avuto il cuore. Sono un paio di notti che non faccio sogni strani, eppure con tutto quello che ho mangiato ieri, mi aspettavo performance degne delle mie migliori interpretazioni passate.. C'è un momento quando ti svegli dal sogno, che dura qualche secondo forse, in cui ricordi esattamente tutti i passaggi, e ne prendi coscienza sbattendoli contro il resto del mondo, tentano di immettersi con te nella realtà, ma rimbalzano indietro subito, perchè i sogni, si sa, riescono a fatica a passare oltre quel muro di gomma. Ma a volte quando ti svegli, per quei pochi secondi, ti sembra un tutt'uno. E' una strana sensazione, piacevole, surreale.. Meno male che ho fatto lo scientifico, direbbe mio padre.

Lunedì 27 dicembre 2004
Quando si dice "il buongiorno si vede dal mattino".. a volte succede davvero.In una mattinata in cui la mia sveglia era programmata per suonare alle 9.30, vengo svegliata alle 7.45 conl'orribile richiesta di accompagnare al pascolo il mio fenicottero, perchè "io ho la febbre e non posso uscire, tuo fratello dorme e la mamma è già uscita".. Ok, OK mi alzo. E mentre sia io che il cane ci riaddormentiamo, la pazienza di mio padre sorpassa quel limite che gli permette di solito di non rompere esageratamente le scatole.. e alle 8.15 torna all'attacco, più agguerrito di prima, apre la porta, farfuglia qualcosa di cui io riesco a intendere soltanto un "ma dormite tutti e due?", e richiude la porta. E capisco che no, non può durare un'altra ora. Quindi mi alzo. Porto fuori il fenicottero. Rientro in casa. Congelata. Faccio il caffelatte a mio padre perchè è ammalato, e non può portare fuori il cane, e sono le 8.30, e la mia sveglia dormirà ancora per un'ora, beata lei.Poi ho la geniale idea di uscire a fare colazione. Il che sembra vagamente ironico, ma dato il mio stato d'animo prima e quello di adesso, se posso azzardare un paragone, direi che è stata veramente un'idea geniale.Opto per il bar più vicino, quello dai camerieri *affettati* e gentili, mangio la mia brioche, leggo la cronaca sportiva soltanto perchè il resto del giornale era appannaggio di un gruppo di nonni qualche tavolo più in là, ma tanto è fine anno, e ieri era santo stefano e c'era poco calcio, e si parlava soprattutto dei bilanci sportivi dell'anno che sta per finire, e allora è ok, d'altra parte c'erano le olimpiadi quest'anno..Finita la mia brioche chiedo il caffè, ho già in mano la bustina dello zucchero, sto per versarlo tristemente nella tazzina.. quando mi giro verso la porta, per caso, e vedo entrare Savio, anche lui alla ricerca di una buona dose di mattiniera caffeina.E questi incontri inaspettati e felici, quando hai l'oggetto del tuo bramare già lì davanti fumante e zuccherato a piacimento, quando già pensavi che la giornata fosse irrimediabilmente rovinata dalla passeggiata all'alba, al freddo e al gelo, beh a me questi incontri mettono allegria. Buonumore. Si, mi predispongono veramente bene.Posso andare a studiare con l'animo tranquillo, ora.Evviva.VAVUM.

Mercoledì 29 dicembre 2004
Parto.Cerco di allontanarmi il più possibile da qualsiasi forma di vita, umana et animale (io AMO il mio cane!) in vista di capodanno.No, non mi rinchiudo in qualche grotta Himalayana, ma lo terrò presente per l'anno prossimo..Vado in Liguria. Con Andrea. Che non è una forma di vita umana. Ne' tantomeno animale.Lui è quel pezzettino di tetris che s'incastra perfettamente col mio. E noi pezzettini di tetris non siamo umani. Quindi vado in Liguria con lui.Qua è una gran bella giornata, pioviggina, è grigio, l'aria è fredda e pungente.. e io non sono ironica. Mi piacciono queste giornate. Mi piace la mia Bologna in queste giornate.. Ci sono posti che acquistano fascino particolare, in queste giornate. In fondo, sono capaci tutti di essere belli col sole, la luce giusta, il caldino tiepido primaverile, e i fiorellini che sbocciano. Io invece me ne vado al mare ora, che è freddo, il mare è grigiastro e la gente è triste. E sono felice. Di mangiare focaccia, di giocare a minigolf, di uscire a cena a Sestri dove c'è la cameriera pazza, di bere una birra al bar dove ho usato le noccioline come portacenere, di ascoltare Linda Perri con la ipsilon, di cercare un parcheggio libero e magari alla fine parcheggiare al posto di quel signore simpatico che non ha visto la nostra auto ha tentato di parcheggiarci la sua sopra.Esperienze surreali, in Liguria. I swear.Bon divertimento, a capodanno, oh voi umani. Noi pezzettini di tetris vi osserviamo. E ce la ridiamo un pochino.