Monday, September 10, 2007

Ai miei (quasi) venticinque lettori

Avete mai provato a portare fino a casa un sasso qualsiasi, scelto nel momento in cui l'idea si affaccia inesorabile fra i vostri intenti, calciandolo, sollevandolo, agguantandolo coi piedi, senza mai neanche pensare di raccoglierlo con le mani?
E' un passatempo autistico che non praticavo da un po'.
So che non è normale, ma lo trovo divertente e lo prendo molto sul serio, il mio giochino calcistico.
Vorrei capire come si fa a godersi i momenti belli.
Quelli allegri, un po' felici, quelli di cui mi accorgo con tristezza il giorno dopo, e li rimpiango, e mi pare che la mia vita sia tutta un rimpianto.
Quello che manca è la coscienza, è la concentrazione, è l'immersione totale dei momenti di tristezza, che a forza di girarli e rigirarli sono molto più reali, e più profondi, e più dannatamente lunghi.
La felicità spegne il cervello, è un processo completamente ebete e quando ricomincio ad avere coscienza del mondo è sempre troppo tardi.
E' un po' come portare il sassolino calcio dopo calcio, e poi raccoglierlo sulla porta di casa, e pensare a quanti cavolo di calci gli si è dati.
Allora, forte di questo ragionamento, a volte mi preparo prima, e penso che sarà la volta buona, e che stavolta non passerà in un lampo, perché ho scoperto il trucco e sono preparata.
Non funziona per niente.
Allora ne ho pensata un'altra, e ho preso una sedia, una stanza buia e una manciata di bei ricordi, e ho lasciato andare la mente, e ho calciato per un po' tutti i miei sassolini sulle note di una musica strumentale e malinconica.
E questo, ve lo assicuro, funziona.

Wednesday, September 05, 2007

Awful

Sorride la mia tazza gialla, sorride ad un sole che non scalda e a quegli 11 gradi fuori, anche ora che sono già 20.
La verità non è che non abbia più niente da dire.
La verità è che proprio non lo so dire, e passo le giornate a leggere copiosi flussi di pensieri altrui, e li trovo così leggeri, semplici, spontanei.
A volte geniali.
A volte banali, ma così belli che mi riesce difficile non fare confronti con la totale mancanza di parole, da queste parti.
Oggi penso che la mia normalità sia questa, un sostanziale inequilibrio, e che non abbia senso aspettarmi alcun cambiamento definitivo, che è la cosa che invece faccio più o meno coscientemente da anni.
Mi sembra un pensiero illuminante.
Banale, ma sul momento così bello.