Ai miei (quasi) venticinque lettori
Avete mai provato a portare fino a casa un sasso qualsiasi, scelto nel momento in cui l'idea si affaccia inesorabile fra i vostri intenti, calciandolo, sollevandolo, agguantandolo coi piedi, senza mai neanche pensare di raccoglierlo con le mani?
E' un passatempo autistico che non praticavo da un po'.
So che non è normale, ma lo trovo divertente e lo prendo molto sul serio, il mio giochino calcistico.
Vorrei capire come si fa a godersi i momenti belli.
Quelli allegri, un po' felici, quelli di cui mi accorgo con tristezza il giorno dopo, e li rimpiango, e mi pare che la mia vita sia tutta un rimpianto.
Quello che manca è la coscienza, è la concentrazione, è l'immersione totale dei momenti di tristezza, che a forza di girarli e rigirarli sono molto più reali, e più profondi, e più dannatamente lunghi.
La felicità spegne il cervello, è un processo completamente ebete e quando ricomincio ad avere coscienza del mondo è sempre troppo tardi.
E' un po' come portare il sassolino calcio dopo calcio, e poi raccoglierlo sulla porta di casa, e pensare a quanti cavolo di calci gli si è dati.
Allora, forte di questo ragionamento, a volte mi preparo prima, e penso che sarà la volta buona, e che stavolta non passerà in un lampo, perché ho scoperto il trucco e sono preparata.
Non funziona per niente.
Allora ne ho pensata un'altra, e ho preso una sedia, una stanza buia e una manciata di bei ricordi, e ho lasciato andare la mente, e ho calciato per un po' tutti i miei sassolini sulle note di una musica strumentale e malinconica.
E questo, ve lo assicuro, funziona.