Hopping into puddles
"I drink to make other people interesting."
Friday, August 29, 2008
Wednesday, August 27, 2008
siuf normale normale
Le chiavi di ricerca con cui la gente giunge al mio blog non sono particolarmente strambe, anche se alcune mi fanno spesso sorridere.
Molti, presumo ragazzini del liceo, cercano testi, commenti e traduzioni di alcune poesie che ho pubblicato, di alcuni classici di cui ho parlato. Beati loro, la scuola dev'essere molto più semplice ora.
Questo mese ci sono un po' di persone che hanno cercato cose che mi hanno fatto piacere, come:
"castelli di rabbia descrizione june"
"es wird etwas geschehen" (il racconto di H. Böll)
"des esseintes" (!)
"marino la donna che cuce"
"nietzsche camicie" (non è rimasta impressa solo a me, allora)
"viskningar och rop"
"wolf christa, nessun luogo da nessuna parte" (meraviglioso)
oltre ai sempreverdi "massnahmen gegen die gewalt" ed "herr keuner" che sono una costante di tutti i mesi.
Fra i meno letterari c'è sempre qualcuno che cerca "siuf" o "siuf blog", e questo non mi stupisce.
Quelli che mi hanno stupita e fatta sorridere, sono invece:
"guten tag siuf"
"im mio cane tossisce"
"irene sapone" (!)
"toccato con ferita ferro arrugginito tetano" (ci hanno messo anni per riuscire a farmi l'antitetanica)
ma soprattutto un impareggiabile "siuf normale normale" (grazie, mi sento già normale al quadrato).
Saturday, August 23, 2008
L.S.D.
(dove si ragiona di mancati rapporti umani, di stimoli esterni, di apatia e di gamberi)
(e dove avrei voluto postare questa canzone)
Ho avuto una chiacchierata col bibliotecario, ieri.
Quando studiavo Dante per il mio primo esame all'università, mi alzavo spesso alle 8 e andavo in biblioteca all'apertura.
Mi fermavo al bar e mi sedevo a bere un caffè troppo corto, ma non ne avevo coscienza, e mi sembrava che durasse un'eternità.
Mi sedevo nella stanza dei bambini, che aveva anche un paio di tavoli per adulti.
Non c'era mai nessuno, a quell'ora, tranne il bibliotecario dal naso rosso come un clown, che saltuariamente si sedeva e mi raccontava la propria passione per Dante, e ci ho pensato ieri, mentre parlava di "Arcipelago Gulag", e di come glielo avessero già chiesto in tanti, in troppi, dopo la breve parentesi di pubblicità nei telegiornali.
Ah, la televisione.
Ci ho pensato e mi era venuta voglia di chiedergli di Dante, e di dirgli che avevo fatto schifo, a quell'esame, tranne proprio sulla parte dantesca, nella quale invero fui soltanto molto fortunata.
Non ho detto nulla perché ero sicura che non fosse rimasta traccia di quelle chiacchierate, se non nella mia testa.
Non scrivo tanto, sono stanca e mi manca attingere ai cervelli degli altri.
I primi giorni (per non dire settimane) in libreria lo sforzo più grande fu quello di reimparare a comunicare con persone con le quali non avrei mai comunicato in altre circostanze, specialmente per così tante ore al giorno, per tutti i giorni.
Ho camminato per anni all'indietro.
C'era bisogno di abitudine, e invece io ho fatto il gambero, e poi mi sono fermata perché tanto ormai ero lontana e al sicuro, e sono rimasta immobile per troppo tempo.
Ho perso l'abitudine, ho tutto sotto controllo solo se non ci sono interferenze esterne.
Che è come dire che non ho il controllo su niente.
Mi mancano gli stimoli esterni e le paranoie altrui, mi mancano gli scambi di conoscenze, i prestiti di idee, mi mancano i luoghi diversi, le chiacchierate su cose che non conosco e su cose che conosco, ma quando mi ci ritrovo sono a disagio, e mi sembra troppo, e rimango in tensione per ore, o per tutto il giorno.
C'era bisogno di abitudine, e invece io ho fatto il gambero.
Qui dentro ci sono sempre le stesse cose e sono stanca.
Lì fuori, però, è tutto troppo, troppo faticoso, troppo destabilizzante, troppo schifoso, troppo deprimente.
Anche questo discorso è deprimente.
Che fatica.
Qualcuno ha un fantoccio che sorride da prestarmi?
Wednesday, August 20, 2008
Thursday, August 14, 2008
Sunday, August 10, 2008
Friday, August 01, 2008
Lost in translation
Al corso di tedesco per Erasmus, a Francoforte, avevamo un'insegnante di nome Maria che aveva insegnato per tutta la vita inglese in una scuola elementare e aveva conservato quel modo di fare che si usa con i bambini perché imparino divertendosi.
Ogni giorno era un gioco nuovo, e quando la lezione era di pomeriggio c'era anche la pausa-merenda con i biscotti.
Oltre al gioco con quella orribile canzone dei Neri Per Caso tedeschi dalla quale ho imparato a comunicare concetti utili, come "raddrizzare le forchette", ne inventò uno artistico che consisteva nel disegnare su un foglio di carta un quadro che non avevamo mai visto ma di cui lei si accingeva a leggere una descrizione in tedesco.
Qui l'originale, e qui a fianco quello che capii dalla sua descrizione.
Temevo di averlo perso.
Viskningar och Rop
Questa notte ho fatto un sogno in cui parlavo con Bergman, amichevolmente, proprio di questa scena.
Il film è "Sussurri e grida", i due attori Liv Ullmann e Erland Josephson.
Traduco così com'è doppiato nel mio dvd:
[Maria bussa alla porta]
David: Hmm?
Maria: [apre la porta] Porti sempre gli occhiali ora, eh?
[entrando] Ti annoio?
David: No, figurati.
Maria: [sedendosi accanto a lui] Ma perché sei così gelido?
Non possiamo dimenticare il passato?
David: [alzandosi] Vieni qui, Maria.
Vieni qui. Guardati allo specchio.
Sei bella. Sei forse anche più bella di allora. Ma sei tanto cambiata.
Vorrei che vedessi quanto sei cambiata.
I tuoi occhi hanno sguardi rapidi e sfuggenti. Un tempo guardavi tutto e tutti apertamente. Senza crearti una maschera.
La tua bocca ha assunto un'espressione insoddisfatta, famelica. Prima era così dolce.
Il tuo viso è pallido, la pelle incolore. Sei costretta a truccarti.
La tua bella fronte ampia, spaziosa, ha quattro rughe sopra ogni sopracciglio. Non riesci a vederle con questa luce, ma risaltano chiare, di giorno.
Lo sai da dove ti vengono queste rughe?
Maria: No.
David: Dalla tua indifferenza, Maria.
E questa lieve curva che va dall'orecchio alla punta del mento non è nitida come un tempo. Questo significa che sei superficiale e indolente.
E lì, alla radice del naso... Perché ora c'è tanto sarcasmo, Maria?
Riesci a vederlo? C'è troppo sarcasmo. Troppo scherno.
E sotto ai tuoi occhi inquieti, mille rughe impietose, secche, quasi inavvertibili di noia, e di impazienza.
Maria: Sul serio vedi queste cose sul mio viso?
David: No, ma le vedo ogni volta che mi baci.
Maria: E ogni volta che rispondi ai miei baci, io so dove le vedi.
David: Sì, le vedo su di te.
Maria: No, le vedi in te stesso.
Perché noi siamo uguali, tu ed io.
David: Sarei anch'io egocentrico? Cinico? Indifferente?
[Spegne la candela]
Maria: I tuoi discorsi mi hanno quasi sempre annoiata da morire.
David: Pensi che non ci siano circostanze attenuanti per gente come noi?
Maria: Io non ho bisogno di essere perdonata.
Sarà difficile crederlo, ma mi ha messa di buon umore.